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L'Angelo della Storia è volto al passato, per non dimenticare PDF Stampa E-mail

Scritto da Marista Urru   
martedì 27 gennaio 2009

Angelus Novus  dipinto di Paul Klee .




Walter Benjamin filosofo ebreo tedesco, in esilio dal 1933 a
Parigi,  scelse questo bel quadro per illustrare la sua idea della Storia e così scriveva:


“Il quadro di Paul Klee “Angelus Novus” raffigura un angelo che sembra in procinto di allontanarsi da un qualcosa che cattura il suo sguardo. Gli occhi sono spalancati, la bocca aperta e le ali tese. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Il suo volto è rivolto al passato. Dove noi vediamo una catena di eventi, lui vede un'unica catastrofe, che continua a produrre macerie su macerie rovine che si accumulano ai suoi piedi.

 

 


Vorrebbe fermarsi a svegliare i morti a ricomporre ciò che è infranto ma dal paradiso si alza una tempesta che si impiglia nelle sue ali, tanto violenta che l'angelo non riesce più a chiuderle. Questa tempesta lo sospinge continuamente verso il futuro a cui gira le spalle, mentre il cumulo di macerie cresce a raggiungere il cielo. La tempesta è ciò che noi chiamiamo progresso”.

Sembra davvero che il filosofo già presagisse l’orrore che sarebbe avvenuto,  la catena di eventi catastrofici che tanta barbarie e dolore produssero.

Walter Benjamin morirà poi suicida nel timore di finire nelle mani dei tedeschi.

L’Angelo della storia , lo percepiamo chiaramente guardando il dipinto, vede cose orribili mentre avanza ad ali aperte verso il futuro mentre con sguardo inorridito è volto al passato e sappiamo che guarda rovine ed orrori dai quali sembra non riuscire a togliere lo sguardo, e non deve.

Egli ci ammonisce che anche andando verso il futuro, lo sguardo deve restare al passato, agli orrori che   non possiamo e  non dobbiamo  dimenticare.

 

                                                                                                       °°°°°°°°°°

Io sono stata fortunata, sono nata nel 1944 ed ho ricordi sfocati del dopoguerra, frammenti e visi un po’ cancellati dalla nebbia del tempo. Vivevamo a Roma in una casa grande a città giardino, con cantina articolata in vari stanzoni e caldaia a carbone.

Ricordo che la cantina era arredata in qualche modo, sedie tavolo, due o tre brandine, un bagno piccolissimo, trepiedi con bacinelle;  accendeva allora la mia curiostà il fatti che queste stanze vuote costituivano  una specie di appartamentino dietro la carbonaia, e di questo  non si doveva parlare con nessuno.

Ho anche ricordo di un anziano signore  che per un po’ visse nascosto da noi, con una barba bianca e bellissime mani da pianista, chi sa poi se è vero questo particolare;  sembrava dolce e timido,  mamma e papa’ dicevano che aveva ancora paura e andava lasciato in pace, ma appena potevo stavo con lui in giardino, saliva dalla cantina nelle ore del sole , in un angolo riparato anche dalla vista dei vicini.

Stava seduto fermo al sole ed i  suoi occhi erano spesso fissi verso il cielo ..poi pian piano si riempivano di lacrime . Raccontava che gli era rimasto un figlio che sarebbe venuto a prenderlo  di sicuro , e ricordo che mi raccontò lui stesso che prima viveva nel  nostro  ex pollaio per esser pronto a scappare , ed effettivamente il nostro pollaio in muratura era alto  e spazioso,  una vera casetta con tegole rosse, pavimento piastrellato, una specie di bagnetto, e non ci tenevamo le galline, restò sempre libero anche dopo che lui andò via , i miei fecero fare un altro pollaio, dissero che mai avrebbero messo le galline in quella casetta, volevano ricordarla come la aveva lasciata, linda e lustra, povera ed accogliente.

Non mi hanno mai voluto dire quando esattamente è andato via , un giorno tornai da scuola e non c’era più, pare che veramente sia venuto il figlio sopravvissuto ai lager, e tutti sembravano tristi e preoccupati . So che quegli occhi , limpidi e pieni di dolore, non li dimenticherò mai.

I miei infine  decisero di  raccontarmi  degli  ebrei nascosti dietro la carbonaia, della  paura,  delle notti insonni, del fatto che per mia sicurezza mi avevano mandato a vivere piccolissima  dalla Maria con nonna nella campagna romana . E pian piano  mi raccontarono sempre più, dei lager, della guerra, della città violenta anche se la guerra era terminata ,   raccomandandomi di non dimenticare mai quello che era successo, ma di non parlare con nessuno, molti non avrebbero capito e molti non volevano che i bambini sapessero.

Fin che una volta tornata da scuola raccontai che alcune compagne mi avevano detto che sapevo una sacco di balle sulle persecuzioni naziste,  ed eravamo già alle medie, mio padre a questo punto  mi mise in mano il libro di Primo Levi, copia che purtroppo non ho più, e mi raccomandò di tenerlo con me , di leggerlo con attenzione e magari di portarlo a scuola e pretendere che se ne parlasse, perché affermava che non si doveva dimenticare neanche una virgola di quel che era successo, lui e mia madre sostenevano , ed avevano ragione, che l’enormità dell’orrore dell’uomo sull’uomo avrebbe fatto si che si sarebbe cercato di negare, smussare, aggiustare, mentre invece dovevamo anche noi ragazzini sapere fino a che punto di aberrazione si era giunti , dovevamo pretendere di sapere, di capire e non dimenticare.

E oggi considero che i miei avevano ragione , la dice lunga il fatto che solo nel 2000 il Parlamento Italiano abbia  finalmente dato vita alla “Giornata della memoria” per ricordare le vittime delle persecuzioni fasciste e naziste degli ebrei, degli oppositori politici, di gruppi etnici e religiosi dichiarati da Hitler indegni di vivere ed hanno scelto la data del 27 gennaio visto che è la data dell’ anniversario della liberazione del campo di sterminio nazista di Auschwitz (vicino a Cracovia in Polonia) avvenuta ad opera delle avanguardie della Prima Armata dell’ Armata Rossa



Si celebrano in questo giorno coloro che persero la vita per fascismo e nazismo e prima della seconda guerra mondiale e durante, le vittime dei genocidi e dei terrorismi

1603 furono gli Ebrei romani deportati, ne tornarono 16 e di questo i miei mi parlarono spesso, molti loro amici romani non tornarono .

Trovo queste cifre sul web: “Complessivamente le vittime della Seconda Guerra Guerra Mondiale sono 32 milioni, di cui 20 milioni civili i più vecchi, donne, bambini. A loro bisogna aggiungere le vittime dei campi di sterminio nazisti e giapponesi : 26 milioni, di cui 6 milioni di ebrei. Nei lager nazisti furono soppressi anche detenuti politici, militari catturati durante la campagne di Polonia, Russia, nei Balcani, zingari, testimoni di Geova, omossessuali, appartenenti a etnie slave.”

In realtà ancora non sappiamo quanti davvero morirono, specie dei non ebrei , e tra i militari e tra i civili .

Noi possiamo e dobbiamo solo non dimenticare e tramandare la Storia ,  noi non ebrei dovremmo sentirlo come una esigenza ed un dovere di fare  si che la storia non si perda  e soprattutto non venga “aggiustata”, che si sappia che quello che è stato fatto agli ebrei oltre alle cifre dello sterminio dobbiamo , anche se fa male, ricordare  il modo, la fredda volontà di  genocidio  che ha portato a sparare su bimbi di pochi mesi ridendo  e gioiendo nel farlo, di  gasarli con i genitori, ridurne i corpi in cenere in una orrida catena di montaggio della morte, usarli per esperimenti, torturarli, umiliarli, nella accettazione vergognosa e pavida di troppi   di una forza che volutamente, scientificamente, con burocratica freddezza stermina, tortura, umilia un intero popolo  e questo,in questo modo,  al di là dei numeri terrificanti,  non è stato fatto ad altri, non va mai  dimenticato. 

Vorrei dire e dire e dire, ma i miei ricordi son ricordi di bambina fortunata che assisteva ad un dolore che non poteva capire, ma che “sentiva”, percepivo il disagio delle compagne ed amichette ebree, e non capivo finchè presto i miei non mi spiegarono. E soffrii nel mio piccolo per  l’affetto per quell’uomo che mi ostinavo a chiamare nonno, visto che io il nonno non lo avevo e  mi raccontava storie e mi faceva raccomandazioni di quelle che i nonni affettuosi fanno  ai bambini, ci somigliava ad un nonno, e piansi quando  ai miei  occhi di bambina, mi fece il torto di andarsene senza salutarmi,  e benchè ormai sia vecchia, mi capita  ancora ora  di commuovermi  pensando  a lui  come al nonno che non ho mai conosciuto , un nonno di cui mai mi hanno voluto dire il nome.

Per chi non avesse letto il libro di Primo Levi ” Se questo è un uomo” una raccomandazione : leggetelo.

 

Vorrei dire e dire e dire, ma i miei ricordi son  ricordi di bambina fortunata che assisteva ad un dolore che non poteva capire,  che "sentiva" insieme all'affetto per quell'uomo che si ostinava a chiamare nonno, visto che io il nonno non lo avevo, il dolore per una tragedia appena adombrata, ma fortemente incombente, ed ancora ora  pensare  a  quel "nonno perduto"  di cui mai mi hanno voluto dire il nome, sebben sia  ormai vecchia,mi viene il magone.

 

Per chi non avesse letto il libro di Primo Levi " Se questo è un uomo": leggetelo.

 

 

 - Se questo è un uomo -


Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

 Primo Levi

 

 

Venerdì 29 ottobre 1943

Mi sento come un uccello che vorrebbe volare in alto ma continua a sbattere le ali contro la gabbia, nell'oscurità più totale.

Anna Frank

 

 

 

 


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