Da Franco Parpaiola: Quel brutto pasticcio della Motonave CONDOR“Porto di Plymouth,Natale 1989.

Scritto da Marista Urru   
giovedì 23 dicembre 2010


Tratto dal Manoscritto n°4 „Quel brutto pasticcio della Motonave CONDOR“

Porto di Plymouth,Natale 1989.

Senz’altro quel Natale del 1989 non è da annoverarsi tra i miei migliori, tra i più divertenti invece sì.

Una decina di giorni prima l’Armatore mi aveva mandato a Plymouth nel sudovest dell’Inghilterra, a riparare il motore principale della nostra MN CONDOR in avaria,dandomi tre giorni di tempo per completare con i mezzi di bordo, la riparazione.

Due giorni dopo per tutta risposta gli telefonai, e sui due piedi, senza tante moine gli feci il mio bel Regalo di Natale ordinando mi venisse fornito un motore principale nuovo.




»Franco ne sei veramente sicuro ?«

»Quelli della Germanische Lloyd dicono che l’Avaria e troppo grande, il Blocco Motore è incrinato, e l’albero di trasmissione presenta delle rotture capillari.« risposo asciutto.

»Va bene Capo, dopo Natale verrò a Plymouth con quelli dell’Assicurazione e vedremo di scaricare la Nave, intanto chiederò alla Deutz di trovarmi un motore di ricambio.«

»Mandatemi uno dei nostri rimorchiatori che è meglio, e andiamo a Rotterdam, costa meno,«

»Forse hai ragione, vedremo, intanto ritiro l’equipaggio e a bordo lascio solo il Nostromo, e tu? Vuoi che prenoti un volo per Trieste?«

»Rimango a bordo, ho fa fare.«


L’indomani mattina l’intero equipaggio, felicissimo per l’inaspettata vacanza, Capitano in testa andò all’aeroporto e via Londra rientrò a Rotterdam.

»Franco lascio il mio cane a bordo, tanto quando ci sei tu quella dannata cagna non mi ascolta più, e poi qui in Inghilterra non posso nemmeno portarla a terra, la metterebbero subito in quarantena.«

»Io, piuttosto che portare Luwala a terra, metterei prima l’Inghilterra in quarantena, « risposi ridendo.


Il mio Natale del 1989 comincio così, a bordo di una Nave in avaria nel Porto di Plymouth, in compagnia di Jan il nostromo e di Luwala, uno splendido miscuglio di Rot Weihler e Mastino Napoletano di 4 Anni per un peso di circa una trentina di chili.

Jan ed io per la vigilia di Natale decidemmo di cucinarci un tacchino al forno, ma nel Freezer non trovammo altro che polli e una grossa gallina da brodo, bella grassa e vecchia di chissà di quanti anni.

La trovammo in fondo al Freezer, era sotto un ammasso di polli e altra carne congelata.

»Va a vedere che la gallina è vecchia tanto quanto la Nave,« sbotto Jan ridendo quando la estrasse, congelata a -20° , dal mucchio.

»Gallina vecchia fa buon brodo Jan,« -gli ricordai scherzando- » ed ora noi facciamo diventare la gallina un tacchino, quindi la mettiamo al forno con tanto di ripieno,« decretai con far da saputello.

»E tacchino sia.« mi scimmiottò Jan ridendo e seguiti da Luwala che incuriosita ci seguiva sempre al passo, ce ne andammo in Cambusa.

»Cosa usiamo come ripieno?« si chiese Jan mentre lavava la Gallina diventata per noi un tacchino con dell’acqua calda per liberarla dal suo involucro di plastica congelata.

»Dobbiamo fare un inventario di quello che abbiamo, poi vedremo,« e mentre lui si industriava a togliere il volatile dal suo involucro di plastica, io diedi una guardata in frigorifero.

Avevamo ancora un mezzo litro di sugo alla Bolognese per la pasta, del riso stracotto, del Beacon Danese e dello Speck di Merano, tutti ingredienti che che al limite potevano venir presi in considerazione quale ripieno per il nostro avvoltoio natalizio, ma niente altro. Avevamo sì, ancora i resti del Chop Suey preso dal Ristorante Indiano la sera precedente, ma quello lo diedi a Luwala che, sempre incuriosita, si era piantata davanti alla porta della Cambusa e ci guardava senza dire o chiedere nulla, era lì, seduta su di una chiappa, e ci guardava, ci guardava, ma lo faceva quasi con distacco, tanto da apparire disinteressata al nostro trafficare con il rapace congelato, con lo Speck di Merano e la Salsa alla Bolognese che tanto le piaceva, in realtà se ne stava lì ferma e spiava e valutava sorniona ogni nostra mossa.

Con lo stesso distacco, quasi annoiata, la cagna si mangiò il resto del Chop Suey ,ma senza perdere di vista il volatile.

»Scordatelo, non ti azzardare manco a pensarlo o ti sbrano,« l’avvertii con voce soave, per tutta risposta lei continuo a mangiucchiare come se avessi parlato con la paratia della nave, senza perdere però d’occhio la malcapitata Gallina.

»Quella è una ladra di polli nata, Franco, l’altro giorno ne fregò uno al cuoco,« -mi avvertì Jan ridendo- » ma questo non ce lo frega,« aggiunse divertito il bravo nostromo.

»Bene Jan, il ripieno lo facciamo con il riso e la salsa, una cipolla e lo speck, va bene?«

»Cosi sia grande Capo,« rispose Jan, e mise un pentolone da dieci litri colmo d’acqua calda sui fornelli per scongelare l’avvoltoio intirizzito dal gelo mentre io mi davo da fare a spellare una cipolla e a tagliarla fine.

Un’ora dopo avevamo tutto pronto, il volatile si era scongelato e dopo averlo riempito per bene con il nostro ripieno, Jan il nostromo prese un ago e dello spago e da bravo nostromo che era, cucì il *** dell’avvoltoio cosi che il ripieno che a dir la Verità era riuscito piuttosto liquido, non fuoriuscisse .

Il resto del ripieno lo diedi a Luwala la quale ora fissava il frigorifero, dove avevamo messo il nostro Cenone di Natale, difatti erano appena le 14:00, troppo presto ancora per metterlo nel forno.

A bordo non avevamo niente che ci ricordasse il Natale, così decisi di andare a Terra da Woollworth a prendere qualche cosa che almeno ci desse l’apparenza di essere dei Cristiani, e mentre Jan guardava la tv , me ne andai e ritornai due ore dopo, senza nemmeno essere entrato in un Pub.

In Città mi ero preso un piccolo albero di Natale di Plastica, un po’ di decorazioni, della Cioccolata e tre Bottiglie di Vino Californiano.

Barbari come sono, í very British manco conoscevano l’Amarone, e cosi mi accontentai del Cabernet dei Fratelli Gallo che dopo tutto è pure un buon Vino.

Presi pure dei Fish and Chips e, a Luwala, dato che era Natale, regalai un bel l'osso da un chilo.

Operazione avvoltoio iniziò verso le 17:00, avevamo mangiato, e bevuto una delle tre Bottiglie di vino, e mentre guardavamo la tv, parlato di questo e di quello, Luwala si era distesa sotto un tavolo nel Salone e rosicchiava il suo Osso e il nostro piccolo mondo natalizio era tranquillo e perfetto.

Il nostro “tacchino” a sera inoltrata era cotto a puntino.

Avevamo combinato su un contorno di patate lesse e crauti rossi lessati , una salsa che non saprei definire, dal colore piuttosto angusto che non faceva affatto pensare ad una salsa appetitosa, ma che invece aveva un sapore gradevolmente agrodolce e piccante, con un non so che di esotico e lontano che mi ricordava vagamente, sia pure con molta fantasia, i sapori indocinesi e asiatici, e che, a parte il colore giallino marrone che le derivava dalla panna mescolata con l’olio di Soia e la Sambal indonesiana, poteva anche andar bene.

»Non sono mai stato bravo a far le salse,« mormoro Jan quasi scusandosi, - »almeno questa ha il sapore di salsa fantasia e non di quello che sembra sia,« sbottò poi ridendo.

Mi misi pure io a ridere e quella fu una delle poche volte che Luwala ci guardò incuriosita togliendo gli occhi dalla porta aperta del forno dove Jan in una sperlunga aveva appoggiato l’ avvoltoio arrostito a puntino.

Ormai su Plymouth era calata la sera, tutte le luci in Porto erano accese,

Laddove erano le navi della Royal Navy ,era illuminato un po’più del solito, c’era aria di attentai IRA nell’aria, le sentinelle erano state raddoppiate e i Fari scrutavano in continuazione le acque portuali e le banchine.

Era tempo di bassa marea e come ogni sera Jan si apprestava a controllare gli ormeggi della nave.

Quella sera, dato che era la vigilia di Natale, lo facemmo insieme e arrivati sulla prua ci fermammo un momento a fumare una sigaretta.

Il Porto e le strade adiacenti erano deserte, non si vedeva anima viva in giro, e il traffico, di solito molto sostenuto, era nullo; se non fosse stato per le mille luci colorate dietro le finestre e i continui guizzi dei fari della Royal Navy, avremmo potuto anche dire di essere gli unici esseri umani al mondo, cosi calma e tranquilla era Plymouth quella sera.

Istintivamente allungai il braccio destro verso il basso per accarezzare Luwala che di notte mi seguiva sempre in coperta, si metteva regolarmente alla mia destra e stava li immobile come me a guardare nel buio, solo che questa volta accarezzai un bel nulla, non c’era.

La chiamai ma non rispose.

»Jan quella disgraziata ci sta fregando l’avvoltoio,« e senza indugi scattai verso poppa e la Cambusa.

»Questa notte divento un coreano.« sentii dire il Nostromo, mentre correvo e speravo che l’avvoltoio fosse ancora troppo caldo per quella dannata traditrice di cagna perchè potesse prenderlo tra le sua e fauci e portarselo via.

Nix, arrivato che fui in Cambusa l’avvoltoio non si trovava più nella sperlunga e Luwala era sparita.

»Quella dannata *** ci ha fregati capo, era tutto il pomeriggio che lo teneva d’occhio, le è bastato un minuto di disattenzione e se l’è portato via,«

La chiamai, fischiai, la chiamai ancora, nix, quella faceva orecchio da mercante e se ne fregava delle mie chiamate e delle mie fischiate.

»Forse è nel tuo salone di sopra,«

»No, la viene solo a dormire, mai a mangiare, ma so che ha un suo posticino segreto sotto la scala che porta sul ponte a dritta, andiamo a vedere, va a vedere che si è rintanata là,« e uscii di nuovo in coperta seguito dal Nostromo.

Ed era là, istesa sotto la scala, con l’avvoltoio ancora fumante tra le zampe posteriori, ma quando ci vide arrivare, Luwala fece finta di niente, rimase lì indifferente e tranquilla come se noi non esistessimo, e tenendoci ben inquadrati , annusava con piacere il *** dell’avvoltoio, là dove la Salsa alla Bolognese ancora troppo calda usciva.

Tutte le bestie hanno un certo confine entro il quale non ci si può avvicinare senza svegliare il loro istinto di difesa, anche una spudorata cagna, un avanzo di strada, una blasfema falsa e bugiarda come Luwala ,lo aveva. Difatti quando noi due ci avvicinammo e oltrepassammo quel limite a noi invisibile, lei si alzò, e tenendosi l’avvoltoio tra le zampe puntò il naso verso di noi, e guardandoci in cagnesco cominciò sommessamente a ringhiare.

La signora ringhiava quasi annoiata, ma si capiva bene che non era intenzionata a mollare la sua preda e che allo stesso tempo ci stava esortando ad andarcene, dicendoci che era meglio per noi se l’avessimo lasciata in pace.

»Capo, abbiamo mangiato il Fish and Chips, abbiamo le patate con i crauti rossi, ci facciamo un paio di Uova fritte e Buon Natale, quella, se le tocchiamo il tacchino ci sbrana,« mormorò Jan tirandosi istintivamente un passo indietro.

Il mio primo istinto sarebbe stato quello di saltarle addosso e prenderla a pugni in testa, ma ero cosi divertito da quella sua ridicola posa da guerriera che lascia correre e seguii Jan in Cambusa.

»I conti li facciamo più tardi, hai capito scema?«

Nix, Luwala si era accovacciata di nuovo e tenendomi sempre d’occhio , quasi ridendomi in faccia, cominciò con sommo piacere a leccare il *** del pollo, la dove la Salsa alla Bolognese, con il riso stracotto, la cipolla e lo Speck di Merano, non più fumanti , stavano lentamente scolando fuori.

In cambusa trovai un Nostromo mezzo incazzato e mezzo divertito che stava friggendo sei uova.

Luwala si degnò di onorarci con la sua presenza una mezz'ora dopo, furtiva e silenziosa fece capolino tastando dalla porta della mensa l’aria che tirava da noi, e noi due, come se lei non esistesse, continuammo a fumare in silenzio e a guardare la TV.

Solamente quando mi accorsi che le sue fauci erano spalancate mi alzai e le diedi un mezzo secchio d’acqua da bere, difatti il pollo era stato molto ben salato e pepato e questo indubbiamente le aveva procurato una gran sete.

Quando però, cominciò a venirci vicino tutta giuliva come se niente fosse accaduto, senza dire una parola le indicai la via delle scale.

Finalmente mogia e vergognosa di se, lei sali le scale, ma arrivata in cima, si fermò e mi guardò, e di nuovo la sua espressione mi sembrò quella soddisfatta e furba , quasi mi stesse facendo una gran bella risata in faccia.

Tranquilla e a testa alta si giro e andò di filato a dormire sul mio sofà.

Un paio d’ore dopo ce ne andammo a dormire pure noi, e sul mio Sofà, trovai ancora Luwala che dormiva beata, mi parve quasi sorridesse nel sonno, quella ladra.


motonave condor

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  Commenti (1)
1. Buon Natale.
Scritto da Franco Parpaiola website, il 24-12-2010 08:16
Ciao Marista, ed è pure una storia vera. 
La Nave che hai messo è il tipo d'Imbarcazione sulla quale mi è sempre piaciuto navigare. 
Buon Natale a tutti.

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