Cesoia & Rastrello Il giardino, l'orto, coltivarli curarli cureremo noi tramite l'incanto |
|
Scritto da Marista Urru | |||||||||
domenica 11 novembre 2012 | |||||||||
![]() Il tempo da allora è volato, la magia della natura ancora la percepisco, ma la sento come incanto. L'incanto sospende il tempo quando il bello produce meraviglia, stupore , distacco dall'ordinario. Fa bene all'anima, se non altro perchè capita che in questo modo ed in questo mondo arido, magari percepiamo di averne una di anima davanti alla immensa meraviglia del bello, del perfetto, dell'immenso della vita anche nelle piccole realtà.
![]() Non amo incondizionatamente Dante, uno dei mie limiti, tant'è. Eppure quando lessi per la prima volta il celebre sonetto: Guido io vorrei che tu Lapo ed io, potevo al massimo aver 11 anni, ne rimasi attratta. Di certo giocò molto la musicalità dei versi ( ci insegnavano a legger le poesie ad alta voce), visto che ne capii poco e dovetti chiede spiegazione ai miei, fu così che mi innamorai della spiegazione che mi diedero: il vascello era niente popodimeno che la magica nave del mago Merlino, sulla quale si viveva nella gioia senza che nessuna tempesta o altra avversità potessero esser di impedimento mentre si campava gioiosi in pieno accordo fra tutti e secondo i propri voleri .Una pacchia per chiunque, fosse esistito un simile eden! I miei mi ribatterono seri che sarebbe dipeso solo da me trovarlo questo eden.
Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed
io
sì che fortuna od altro tempo
rio In un certo senso avevano ragione, di sicuro un mondo incantato sopravvive in ognuno di noi, dopo di che è affar nostro, se vogliamo, riscoprirlo, ove lo avessimo dimenticato o seppellito, per meglio e più intensamente vivere la così detta vita concreta, reale. Il tempo passa e si porta via molto di noi, ma non tutto: a me ha lasciato un dono grande ed imbarazzante, la capacità di vivere l'incanto. Incanto per la bellezza della natura che ti conduce al sogno, quel senso di sacro e di mistero che ti distoglie dalla troppa negatività del mondo. Questo è in fin dei conti il mio “vasel” che ad ogni vento per mare va al voler mio.. Coltivare, sia un giardino anche piccolo, che due vasi in un balcone o in un angolo della casa, una piantina sul davanzale, chiede attenzione, lavoro, cura.
Tutta questa fatica si traduce in benessere, in capacità di guardare ed ascoltare. Si chiede l'amico Francesco Pazienza: "Come ascoltare come guardare ?" . In realtà potrebbe per noi iniziare un percorso di crescita spirituale, apportatrice di benessere. La mente, quando lavoriamo al giardino, necessariamente si concentra su altro da noi, perchè se vogliamo avere successo anche con la più piccola ed umile aromatica, dobbiamo imparare ad osservarla, spiarla, seguirla, amarla. Se impareremo ad astrarci da noi stessi, conquisteremo la capacità di esercitare attenzione e amore per l'altro sia pure un albero, una pianta, un germoglio, un campo. Vivremo intensamente il qui ed ora addestrando noi stessi , educandoci all'amore ed alla cura dell'altro da noi. Quasi Zen. Il sussurro del vento e il mormorio della vita intorno, calmeranno la nostra mente mentre ci ritagliamo attimi preziosi del nostro tempo per ricordare a noi stessi d'esser parte della natura. Niente di meglio per questo che coltivare. Il termine viene dal latino colere; cultus (participio passato di colere, "coltivare"), il suo primo significato è "coltivazione, cura", e poi "addestramento, educazione, cultura", "venerazione, adorazione". Quindi la origine di coltivare e cultura, è la stessa . Cultura, la grande assente nel mondo d'oggi. Se poi la usiamo nel senso di coltivare noi stessi, stiamo indicando la crescita interiore , quella volta a “perfezionare le qualità umane ( Riccardo Garbini 2007, Che cos'è la cultura)
Lo scienziato ed il tecnocrate che applica la scienza o la pseudoscienza, come nel caso della economia, non contemplano la natura, altro che incanto, sogno ed altre “bubbole”: guardano al mondo per manipolarlo, per trasformarlo, per trarne nel più breve tempo possibile il massimo profitto, perchè la scienza , non nascondiamoci dietro ad un dito, è strettamente legata al profitto, e non può essere che così , figurarsi la tecnologia. Galimberti fa questo esempio illuminante: “ E' come se in un bosco si recassero un poeta e un falegname: i due non vedrebbero la stessa cosa guardando gli alberi: il falegname vedrebbe già dei mobili “ E aggiungo io che se in quel bosco passasse un “industriale della finanza” andrebbe oltre la visione dei mobili: dopo quelli, la sua immaginazione, senza remore, si spingerebbe ad immaginare il bosco raso al suolo per fare ottimo spazio per una monocultura generatrice di proficui “prodotti finanziari” Una realtà secolare, densa di vita e di bellezza verrebbe distrutta per un guadagno di breve periodo, per una sfruttamento intensivo che lascerebbe dietro di sé malerbe ed inaridimento. Obiettivamente un danno, depauperazione di un bene comune. Ma dalla aridità di animi che tendono a manipolare, arricchirsi,sottomettere, senza attenzione per l'uomo, senza volontà di aver cura per il mondo e per il bene comune, non deriva necessariamente che aridità, morte, il nulla. Vita contro Morte. Buon lavoro all'esercito della Vita
![]()
Powered by AkoSuite 2007 |