CXLVII

Scritto da Anna Alessandrino   
martedì 22 gennaio 2013

Comincio questo percorso pubblicando una mia poesia, che dedico, nessuno me ne voglia, a Marista.

 


Molti mi chiedono come mai i miei componimenti non abbiano titolo. 
Il fatto è che non riesco a ingabbiare le mie poesie, quando lo faccio mi sembra di soffocarle.
E i numeri, allora? Direbbero altri. Rispondo che i numeri, sono quelli che si trovano sulla porta delle loro stanze, in cui esse sono libere di muoversi e interagire come vogliono! :-)
Dunque, a chi passa per queste stanze, auguro una buona lettura!!

 

CXLVII


Forse  

io non sono stata mai

 

non sono stata.

 

Per troppo tempo

ha portato la bandera

il legionario delle glorie ignote

rubando demoni al deserto

e alla sabbia il pianto.

 

Io su una sedia vuota

ne contavo i passi.

Cento passi

all’ombra di un muro

di spine senza rose

cento passi

sulle agavi del primo fiore

cento passi

sul calendario sotto la pietra

segreta e nera.

 

Su una sedia vuota

io contavo i passi

soltanto cento passi 

e non mettevo più l’hennè

sui miei calcagni

memoria di un’altra vita

ad essi muta.

 

Così mi trovò la Cantadora

madre di quelle ossa

su cento passi sparse

e nel suo grembo mi ricompose

e mi accorciò i capelli

perché liberi

fossero i capezzoli

di veder l’approdo.

 

Fiume che si merita il mare

mi ripresi un dolore

nascosto sotto quella pietra

segreta e nera.

Urlarono i pugni nella terra

e implorai la Madre ancora

per chiederle adesso il dove

un dove senza misericordia urlato.

Me lo svelò quel dove

quel nord

proprio in quelle mie mani colme

nascosto.

 

Piano

tornai a respirare piano

 

il tempo.

 

Forse io non sono stata mai

 

non sono stata

 

come io

da allora fui.

                  A.A.


  

 


 

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  Commenti (1)
1. Grazie, grazie, grazie!
Scritto da Marista, il 22-01-2013 22:56
Anna, ti leggo e rivedo un mio deserto. Credo che un deserto ci sia sempre, che ce ne rendiamo conto o meno, per ognuno di noi. Abbandonarlo, meritare il mare , respirare infine il tempo, come una liberazione che venga da una cantadora. Si è vero, dai i brividi, ma sei di quelli che cullano e curano l'anima.

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