GLI ANIMALI DEL GIARDINO: il pettirosso

Scritto da Marista Urru   
giovedì 31 gennaio 2008

 

Mi prende  sempre un poco di tristezza quando mi trovo nei giardini in serie di molte moderne abitazioni, ricchi di cemento e poveri di vita , magari cento volte più belli ed ordinati del nostro quasi-giardino, nato esclusivamente per il diletto mio e di mio marito senza quindi  mai valutare il colpo d’occhio che ne avrebbero potuto avere eventuali visitatori, ma studiato per non offendere flora e fauna originarie.

Ne è risultato un semplice aggiungere alla natura del terreno piante da noi desiderate e amate,  che non dessero fastidio ai mirti, ai lentischi , alle filliree; non equivochiamo comunque : non siamo coltissimi giardinieri  o esperti botanici,  bensì improvvisatori amanti della natura, niente di più, ed anche ora che il nostro quasi -giardino  è in disarmo,  conserva per noi  angoli di fascino, specie dove è  solo “figlio del vento”, cioè dei semi che vento ed uccelli  ci hanno regalato.In questo luogo che so essere anomalo, sono previsti ripari , mangiatoie e zone incolte in cui gli animali selvatici possano trovare piacere  a sostare e  riparo dalla stupidità dei locali cacciatori.

Questo è il motivo per cui abbiamo scavato nei muretti  buchi ben nascosti che danno  verso la campagna, da dove  possano  entrare i  conigli selvatici e le  lepri per nutrirsi dei trifogli piantati appositamente  per loro; questo almeno finchè qualcuno non trovò niente di meglio da fare che catturare i superstiti dalla dissennata caccia che i locali facevano alle povere bestie con l’aiuto di potenti fari accesi nella notte onde abbagliarle e prenderle senza difficoltà; hobby molto vile e niente affatto sportivo, ma questo è il nostro “simile”: l'animale uomo, il più inutilmente cattivo e feroce, anche verso i propri simili.

Sugli alberi e dove è possibile abbiamo messo , ben nascoste,  mangiatoie  e nidi per gli uccelli, cerchiamo di non disturbare i ricci.. insomma, viviamo il più possibile in armonia con il piccolo mondo che circonda la nostra casa, compresa una giovane volpe che passa in estate per abbeverarsi  agli appositi ciotoloni posti sul  nostro terreno.

Quindi immaginate la tristezza che posso provare quando trovo quei giardini, pur belli, in cui tutto è studiato per “non sporcare “ e “non fare lavorare troppo” :  pavimentazioni di cotto a go-go, lastre di cemento, ghiaia in cui affondare , e gli alberi che,  non so come ci riescano, sono senza una foglia secca, senza che il vento abbia storto un ramo, belli ed imbaccaliti, disciplinati come mesti soldatini.

 
In genere in questi giardini ammaestrati mancano i cespugli e gli arbusti. Pensare che io abito in terreno collinoso,  in cui abbiamo la fortuna di una  spontanea macchia mediterranea, il terreno quindi sarebbe ricco  di  meravigliose piante che non abbisognano di adattamento.  Bene,  tutti,  compresi i nativi del luogo, per prima cosaprima di costruire spianano il terreno, ruspano e mandano in malora la macchia, le querce, i lecci, i corbezzoli, i mirti, le orchidee selvatiche ormai scomparse,  da dirsi : “perdona loro  .. chè non sanno quel che fanno!”

Comunque  , nelle nostra piccola oasi,  sopravvivono allo scempio dei nostri simili parecchi animaletti.

Venimmo per esempio  da Roma con una grande voliera, ma  presto percepimmo l’assurda crudeltà delle gabbie , e  liberammo gli ospiti più robusti regalando  quelli che non avrebbero potuto viver liberi. Dovremmo smetterla di comperare uccelletti, boicottarne il commercio, imparare a rispettare ogni essere vivente.

  D'altra parte è bello vedere gli uccelli vivere in natura, osservarli liberi, godere il loro svolazzare felici. I  giochi e le gare di volo che inventano i passeri, la timidezza delle Cesene, il canto dei merli, e l’aria di padronanza delle merle e delle gazze, uno spettacolo che dà impressione di vita , di gioia di vivere, niente a che vedere con la staticità e la irrequietezza spesso isterica degli animali in gabbia.

 Comunque gli amici migliori, quelli che al tardo autunno quando arrivano riempiono di allegria e sembrano salutare la casa con slancio, sono i pettirossi.

 Sono uccelletti comunissimi ovunque e  per natura socievoli verso l’uomo; forse per questo  tornando ad ogni stagione  ai vecchi nidi, ai vecchi territori, si sono abituati alla nostra presenza e  rispondono al nostro fischio .Hanno ormai  imparato  a guardarsi dalle nostre terribili gatte cacciatrici ed hanno anche perfezionato le tecniche per entrare, piccoli come sono, nel pollaio e lì con mia sorpresa, si nutrono dei piccoli semi del “misto” per le papere, di pezzettini di pasta, non disdegnando poi di razziare il pangrattato delle mangiatoie dei passeri, mi sembrano i più voraci tra i nostri piccoli ospiti e soprattutto non sono come dicono i libri specializzati, strettamente insettivori; il loro canto ricco di note acute e gorgoglii risuona forte al mattino e se tacciono, basta un fischio, un richiamo per farli arrivare  annunciati da acuti e sottili richiami... tsiii, dei quali col tempo mi sono convinta di saper interpretare il senso. Un pettirosso, tal Zi-Zi  che a me piace credere torni ogni anno a fare il nido nel cespuglio di rosa selvatica, se chiamato  da me o da mio marito, e se le gatte sono davvero assenti,  dopo vari svolazzi intorno alle nostre teste, arriva a posarsi sul piazzale  a meno d i un metro da noi e poi, a saltelli ed inchini arriva vicinissimo ai nostri piedi, in qualche modo ti riconcilia col mondo e ti estranea dalle sue brutture. Credo sia proprio ancora l'uccelletto  giovanissimo salvato qualche anno fa  dalle zanne del mio gattone soriano, o comunque un suo figlio che abbia ricevuto  l'imprinting  tale da preferire gli stessi cespugli, avere le stesse abitudini, accorrere agli stessi richiami, anche non fosse vero.. è bello crederci

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