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Scritto da Marista Urru   
sabato 27 febbraio 2010

usignoloAscoltare l'usignolo,  abbandonarsi e chiudere gli occhi  lasciando  che l'armonia delle sue note penetri nella nostra coscienza  fino a farsi chiave che  apre la strada verso il nostro io . Liberi finalmente  dal mondo intorno, torneremo a saperci  individui  preziosi ed unici. Questa è  la strada  che oggi vi suggerisco per  sbirciare l'eternità. Seguite il consiglio mutuato dai poeti,   ascoltate il canto dell'usignolo e il  suo ripetersi armonioso,  penetrerà  nella vostra anima.

 Keats   quando ne scrive si dice certo  che la voce che ascolta  dopo migliaia di anni è la stessa che udì Ruth nei campi di israele,   ne soffre  per la consapevolezza della sua natura mortale.









Io  so che certo quella voce antica  è la  stessa che  presto udrò  all'esplodere della Primavera provenire gioiosa  dal folto del cespuglio di mirto, mentre  a sera  l'acqua dalla collina ruscella  timida  ed incerta  tra le pietre.

E cadranno  le incrostazioni ed i pesi che gravano sullo spirito stanco,   saremo soli  io e  il gorgheggiare melodioso  del piccolo passeraceo, troverò  la porta   dell'anima.  Potrò consapevole percepirmi  per quello che sono, che siamo tutti : persone, esseri umani da rispettare ed amare e non numeri e mezzo perché uomini senza qualità raggiungano traguardi ambiziosi  e futili.


Meditazione...

"Siediti ai bordi dell'aurora, per te sorgerà il sole.

Siediti ai bordi della notte, per te scintilleranno le stelle.

Siediti ai bordi del torrente, per te canterà l'usignolo.

Siediti ai bordi del silenzio, Dio ti parlerà".

Vivekananda


Keats  narra di come in un giardino di Hampstead, nel mese di aprile del 1819, udì cantare l'usignolo . Un canto tale  da trascendere l'individuo e rappresentare la specie tutta, vi si poteva ravvisare   l'eterno usignolo di Ovidio e di Shakespeare,   ecco che  l'uccelletto diventa   immortale,   quel canto è lo stesso che nei campi di Israele una sera lontanissima, udì Ruth la  moabita. Ancor di più dolorosa appare  la condizione mortale dell'uomo.


  Ode all'usignolo

Tu non nascesti per morire, tu, piuma immortale!

Le affannate generazioni non ti calpestano,

E la voce, che odo in questa fuggevole notte, fu udita

In antichi giorni da re e da villani:

Forse è lo stesso canto che il sentiero trovò

Nel cuore di Ruth, quando afflitta da nostalgia

ella stette in lagrime tra il grano straniero;

Lo stesso, forse, che spesse volte ha

incantato magiche finestre, aperte sulla schiuma

di perigliosi mari, in fatate terre deserte...


E se  per   Keats   la magia del canto dell'usignolo rafforza il dolore per   la condizione mortale dell'uomo, in Pasolini  quell'ascolto induce a tutte altre considerazioni. Nella raccolta di poesie L'usignolo della Chiesa Cattolica , l'uccellino diventa simbolo della  vita pulita secondo natura che si contrappone al vuoto, alla falsità alla mancanza di coscienza della società in cui egli vive. Nella purezza del canto Pasolini percepisce  anche la volontà di infinito , di spirituale, cui fa da contraltare la consapevolezza di essere umanamente limitato, due brevi versi esprimono questo sentimento:una  giovanetta dice rivolta all'usignolo ( Pasolini stesso):

 

"Povero uccelletto, dall'albero, tu fai cantare il cielo.
 Ma che pena udirti fischiettare come un fanciullino!".

 

E  a proposito della magia del canto dell'usignolo leggete la descrizione  del maestro  Jiurij Olesa, un piccolo capolavoro.

 - Non ho mai sentito né durante l'infanzia, né in gioventù, né poi negli anni della maturità, mai insomma in tutta la vita ho sentito il canto dell'usignolo.. Per me  era una menzogna, una cosa convenzionale il parlare o leggere del'usignolo.

E chissà come una volta , quando già avevo una certa età, e vivevo a Podmoskov'e , di giorno, più esattamente a mezzogiorno, mentre tutto era immobile tra gli uccelli e le piante, all'improvviso qualcosa rotolò fuori del silenzio, un'enorme ruota sonante che rotolò.. E d'improvviso si fermò. Queste ruote erano sicuramente d'oro, più alte degli  alberi e rotolavano ritte, diritte per poi d' un tratto scomparire, quasi non fossero mai esistite!

Io guardai chi stava accanto a me. Questi in risposta annuì. Aveva sentito la domanda che non gli avevo fatto ma che intendevo fargli: è un usignolo?

Annuì e rispose:

" E' un usignolo" -


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