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F. Parpaiola Racconti di mare : l'URAGANO PDF Stampa E-mail

Scritto da Marista Urru   
venerdì 29 luglio 2011



Mare in tempesta






















L’uragano ci raggiunse e ci investì, con tutta la sua immane frastornante

potenza tre ore dopo, poco prima di mezzogiorno.






Il barometro cominciò quasi a vista d’occhio rapidamente a scendere, dai 1040 Millibar che segnava, scese in meno di mezz'ora poco sopra i 1000 e, mentre il cielo veniva oscurato da immensi nuvoloni neri gonfi di vento e di pioggia, quellocontinuava inesorabile la sua caduta al disotto dei 1000 millibar, fu allora che attorno a noi si scatenò l’inferno.

Il mare cominciò a bollire e la nave a rullare e a saltare come impazzita tra le onde che in poco tempo avevano già raggiunto i 5 metri di altezza.

In pochi minuti il Cantabrico aveva cambiato faccia, dal mare dalle acque tranquille e celestine di prima, era diventato tenebroso e minaccioso come una bestia infuriata.

Tutto ciò accadde così in fretta, che il vecchio Comandante, preso alla sprovvista grazie alla sua stessa stupida e insolente sicurezza, era così sconcertato che, nella sua scempiaggine, aveva persino dimenticato di ridurre i giri del motore e adeguare la velocità della nave alla furia del mare.

La Condor, spinta avanti dalla mia Mandria di Cavalli Deutz all’80% della sua potenza, arrancava selvaggia, rullando su per quelle onde quasi forandole, così che la sua prua spariva in una nuvola di spruzzi bianchi quando le penetrava e le spartiva con forza, quasi volesse buttare da parte quelle onde insidiose e veloci che la volevano sommergere.

La nave rullando alzava la sua prua al vento e al mare come corresse ad una sfida e, cozzando caparbia contro quei muri d'acqua, si scuoteva quasi spasimando in un gioco di vita e di morte, per poi uscire ancora una volta vittoriosa dall’altra parte dell’onda,  cadendo con un tonfo assordante che la faceva tremare, nella valle tra due onde,  per ricominciare, sicura e battagliera, la sua scalata alla prossima ondata che già le stava rotolando addosso.

Le navi possono essere possenti e sicure finchè si vuole, i loro equipaggi sicuri e saldi nel lavoro, ma tutti, sia le navi che gli equipaggi temerari, prima o poi, senza le necessarie precauzioni, troveranno un mare, una burrasca una onda più grande e più forte di loro.

In casi simili, anche per non danneggiare le Strutture della Nave stessa e evitare eventuali incidenti all’Equipaggio i Comandanti accorti, riducono velocità e si adeguano alla condizione del mare.

onde nel mar cantabrico

L'ARROGANZA DELL'UOMO


>Vuole fracassarmi il motore o intende affondare la nave e ammazzarci tutti, < chiesi tranquillo quando vidi che il Comandante come ipnotizzato guardava quel mare furibondo che voleva carpirci la nave e spedirci tutti all’inferno.

Senza aspettare una sua reazione con un paio di passi spediti mi avvicinai al quadro comando motore e ne ridussi i giri al 40%

Come in trance, l'uomo mi guardo ridurre la velocità della nave e, pallido in faccia, quasi supplicando, mormoro uno sconnesso: >Cosa diavolo ci sta succedendo Chief?<.

>Niente di speciale,< -gli risposi tranquillo >stiamo solo assaporando la tempesta che era stata già preannunciata da alcune ore dalla BBC e da tutte le Stazioni Radio della zona,< aggiunsi sarcastico.

L’Uragano lo aveva colto completamente impreparato, la sua stupida arroganza lo aveva reso completamente refrattario a ogni buon senso marinaro e per colpa sua ora noi eravamo in un’inutile situazione di navigazione sconfortevole con tutti i pericoli di danni alle persone e alla Nave che avremmo benissimo potuto evitare se solo avesse ascoltato i miei consigli di due ore prima e seguito l’esempio dei suo colleghi su altre navi nei paraggi che al primo avviso Radio di un imminente forte Burrasca da Nordovest avevano subito fatto richiesta e ottenuto il permesso dalle Stazioni Radio sia inglesi sia francesi che fossero, il permesso di cercarsi un ancoraggio sicuro nelle loro acque territoriali o in alternativa di un entrata di emergenza in qualche porto sicuro della zona.

Come precauzione quella mattina avevo messo in guardia i ragazzi e chiesto anche a Peter nostro provetto Nostromo/Cuoco di chiudere tutte le porte stagne e di controllare che nelle loro cabine e in mensa, tutto ciò che era sui tavoli, che venisse ben assicuro o rimesso nei cassetti e armadi.

Luwala la nostra mascotte di bordo quella mattina l’avevo richiusa nella mia cabina e quella per tutta risposta, con i suoi trenta chili di Rottweiler mischiato a Mastino napoletano, dopo essersi fatto in coperta vicino alla scialuppa di salvataggio una bella pisciatina, aveva annusato l’aria, poi mi aveva guardato in faccia quasi strizzandomi gli occhi, e di filato e senza indugi, se ne era andato nella mia cabina, e, con un elegante balzo da felino era saltato sul mio letto trincerandosi zampe all’aria tra il materasso e la parete, poi, dopo avermi strizzato di nuovo gli occhi, si era messa tranquilla a dormire.

 

motonave

LA STIVA

Quella mattina verso le otto, subito dopo il primo avviso di burrasca, emanato prima dalla BBC e subito dopo ripreso da Ushant Radio, e da tutte le altre Stazioni Radio Marittime sul Canale della Manica, avevo anche fatto un giro di ricognizione in Sala Macchine e nel compartimento timoneria, volevo assicurarmi che tutto fosse in ordine, eseguii un giro d’ispezione veloce ben sapendo il mio mondo era in ordine anche perché non avevo l’abitudine di lasciare attrezzi o strumenti di lavoro in giro.

Il mio problema, o piuttosto, il nostro pericolo apparve sul ponte sotto forma del primo Ufficiale di Coperta subito dopo che il resto della banda, al di fuori naturalmente di Luwala che dormiva beata nel mio Letto.

Dal grande bernoccolo che gli spuntava dalla fronte capii che doveva aver sbattuto, e pure piuttosto violentemente la testa contro qualcosa da qualche parte, ma se di questo fatto non mi interessava proprio un bel niente, mi interessò molto quello che lo senti mormorare e che mi mise subito in allarme.

>Questa è la punizione,< mormorò sommesso.

>La punizione per che cosa?< gli chiesi imperativo.

>I Pontoni della stiva, Chief, li ho accatastati uno sopra l’altro a prua senza metterli in posizione, prevedevo una traversata tranquilla, per questo li ho lasciati accatasti, ma li ho assicurati bene,< mi rispose quell' infelice quasi supplicando e implorando perdono.

>Pezzo di idiota ti rendi conto di cosa hai fatto?< Gli sibilai in faccia.

>Ora per colpa tua siamo nella merda fina al collo < lo rimproverò Peter che in quanto a capacità marinare era ben preparato, navigato, e molto più capace e affidabile del 1° Ufficiale.

>Signori per carità, non lasciatevi prendere dal panico, non c’è né nessuna ragione. La tempesta è presto passata e i pontoni divisori nella stiva sono stai ben assicurati con le catene,< decretò il Comandante.

Dentro di me però il mio allarme interno aveva cominciato a suonare e a sciorinare fiumi di adrenalina nelle mie vene

Conoscevo quel suono, l'ultima volta che lo avevo sentito, fu al Radisson Hotel, nelle vicinanze di Schippol, l’Aeroporto di Amsterdam un paio di giorni prima di prendere l’aero per Creta e andare a Bordo della Motonave El Castillo, solo che questa volta, il suono della sirena significava una sola cosa, morte.

>Scheiße, Comandante si metta subito contro mare e vento e riduca la nostra velocità ancora di qualche cosa, voglio andare nella stiva ad assicurarmi che tutto sia in ordine, non ho ancora nessuna intenzione di crepare. <

Senza indugi il Comandante si mise ancora di un paio di gradi sottovento e ridusse ancor di più la velocità della nave.

>Meno di cosi non posso Chief, altrimenti non ho più timone, stia attento la fuori, e non corra rischi,< lo sentii dire mentre seguito da Peter andavo giù per le scale.

Dall’uscita degli alloggi per l’equipaggio a dritta sul ponte di carico, fino alla porta stagna della stiva, ci sono circa 6 metri.

Il Capitano aveva manovrato la Condor così che la sua prua si trovava con pochi, per me vitali gradi, a dritta del vento e delle onde.

>Stai attento a non finire fuori bordo Chief,< mi esortò Peter che come me attraverso l’oblò stava osservando e contando la sequenza delle onde.

Ne vedemmo veramente delle alte, >quella li ha minimo otto metri,< gli feci notare mentre un mezzo mastodonte di onda ci faceva traballare tutta la baracca.xx

>Se una di quelle lì ti porta via Chief e poi ci succede un guasto ai motori o la stiva comincia a fare acqua e affondiamo aspettaci all’Inferno che ti seguiremo a ruota,< commentò quello ridendo.

>Promesso< gli risposi ridendo a mia volta, anche se nessuno di noi due non se la sentiva veramente di ridere.

Lasciammo passare un altro paio di onde grandi quanto colline vaganti e quando la nave per pochissimi minuti si tranquillizzò un poco, aprii la porta stagna e uscii in coperta, e mentre Peter la richiudeva alle mie spalle, con un paio di passi raggiunsi l’entrata della stiva, la aprii e mi ci infilai dentro, chiudendola subito proprio mentre un'altra onda inondava e spazzava la coperta della nave da prua a poppa.

Come mi fu dato di raggiungere la stiva senza venir spazzato via in mare, a tutt’oggi non lo saprei dire, so solo che oggi, quasi cinque anni dopo posso riferire che ci riuscii, di più non saprei dire.

>Dannatamente brevi e veloci queste onde,< pensai, mentre per il momento al sicuro da quelle, scendevo la scaletta che portava al primo piano della stiva.

Sottocoperta il ruggito della tempesta e della nave stressata era quasi insopportabile.

Il pericolo e il misticismo che emanavano i rumori della nave e della tempesta accompagnata dai colpi incessanti delle onde che inclementi, battevano come cannonate in continuazione contro i suoi fianchi, era assordante e quasi angosciante.


La Lirica di quel concerto, tutto quell’insieme di suoni erano parte di un Partitura così esaltante che per un momento, quasi rapito da quella armonia di frastuoni, mi fermai ad ascoltare.

L’insieme dei rumori sentito dalla stiva non era nulla a confronto ai rumori e ai suoni del mare e delle navi che ben conoscevo dopo diversi decenni di navigazione, eppure in quella particolare occasione fu come se fossi in una Sala di Concerto dove un’immane Orchestra suonasse solo per me: quel frastuono assordante sembrava quasi fosse musica, anzi, lo era ,e per un breve momento, affascinato, quasi ipnotizzato da quei sinistri suoni, rimasi ad ascoltare stregato quella musica che sapeva di morte e che lì, nella solitudine sembrava essere composta solo per me, mentre quasi mi congelava il sangue nelle vene.

Poi mi riscossi e mi guardai attentamente attorno.Franco Parpaiola 

I pontili di poppa erano si accatastati uno sopra l’altro, ma anche imbragati contro la paratia, saldamente ancorati in modo incrociato e, come se fossero una parte integrale della struttura della nave, non potevano andare da nessuna parte.

Quelli erano sempre lì così com’erano e venivano utilizzati solo quando si trattava di dividere la stiva in due piani distinti, e solo nel caso avessimo da caricare due diverse qualità di Cargo.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             Foto: Franco Parpaiola

Quello che invece vidi quando guardai in avanti verso la prua, mi derubò per un breve eterno momento il respiro e mi diede un tonfo al cuore.

I dodici Pontili di Prua che si potevano solo accatastare liberi al centro senza poterli appoggiare contro nessuna paratia o struttura e tenerli in posizione solo tramite catene, giacevano accatastati in ordine sparso un po’ dappertutto, difatti, il forte rullio della nave aveva fatto si che il loro peso e la mole avessero spezzato le catene ed erano buttati ed ammassati tutti in un mucchio sulla parte sinistra a prua della stiva là dove in una sporgenza si tenevano i vari attrezzi di imbracatura, e accessori di carico vari, liberi di muoversi sia a dritta che a manca, e alcuni di loro con gli spigoli sfregavano contro lo scafo della nave e minacciavano di sfondarlo.

Quasi in trance, raccattai tutte le tavole di legno e i cunei di legno che potevo trovare e come forsennato cominciai a infilarli tra quei pontoni badando bene a dove mettevo i piedi.

Non lo so quanto tempo impiegai a mettere del legno tra i pontoni e lo scafo della Nave e tanto meno mi ricordo di quanti cunei ficcai tra la tolda e i pontoni affinché non scivolassero, e solo dopo che mi era assicurato che per il momento non potevano muoversi e che da solo non potevo fare più altro, considerai lucidamente il pericolo in cui ci trovavamo.

>Molte Navi si sono affondate in situazioni analoghe,< pensai mentre andavo di nuovo verso la scala di poppa per risalire in Coperta.

>Per imparare non è mai troppo tardi, ma per molti una lezione così e stata veramente l’ultima,< pensai ancora mentre risalivo la scaletta che portava in Coperta.

Sapevo che dovevo ritornare nella stiva, e questa volta con i ragazzi, non potevo lasciare i pontoni liberi cosi senza cercare di incatenarli alle traverse laterali, ma per poterlo fare mi serviva l’aiuto degli altri.

Di nuovo riuscii a raggiungere la porta stagna degli alloggi e Peter che mi stava aspettando, non appena mi vide l’aprì.

 

>Cominciavo a impensierirmi Chief cosa diavolo hai fatto la sotto?<

In poche parole lo informai di cosa avevo trovato e cosa avevo fatto e gli spiegai che dovevamo ritornare nella Stiva e fissare i pontoni il più possibile con catene e tiranti, prima che ci sfondassero lo scafo.

Sul ponte, il vecchio Comandante stava spiegando ai ragazzi e al suo 1° Ufficiale che immobile reggendosi ad un termosifone, sembrava come ipnotizzato, con sussiego e spreco di aggettivi la scienza del mare.

Spiegava loro, con far da cicerone, il comportamento delle onde in alto mare e come erano da interpretare e prendere.

>A prua i pontoni, che avete cosi ben imbracati hanno spezzato le loro catene Signori miei, ora dobbiamo andare nella stiva e assicurarli allo scafo cosi come e dove sono, prima che ci sfondino lo scafo e ci mandino tutti ai pesci,< annunciai secco e piuttosto incazzato.

Il Comandante sembrava non aver afferrato ciò che avevo detto, sembrava veramente non essersi ancora reso conto della gravità della nostra situazione, come se non avessi pronunciato una singola parola, quell’imbecille continuò imperterrito a blaterare di onde e di mare.

>Capitano ha capito che cosa ho detto?<chiesi al vecchio rimbambito che imperterrito continuava gesticolando a segnalare ai ragazzi, le onde di passaggio che mi sembravano aver aumentato sia in altezza sia in velocità.<

> Vedo che è ritornato Chief, cosa ha trovato nella stiva, tutto in ordine vero? Mi chiese il vecchio che pareva però quasi spaventato.

Gli spiegai di nuovo la situazione nella stiva e cosa avevo fatto e gli dissi che dovevo ritornarci con i ragazzi per imbragare il tutto un'altra volta.

>Va bene Chief se le cose stanno così bisogna naturalmente farlo e subito anche, prima però voglio rendermi conto della situazione, io stesso andrò tra un poco a vedere poi deciderò sul daffare<

 

>Tu non farai un bel niente vecchio scemo. Tu rimai qui sul ponte al timone e ai comandi, non andrai da nessuna parte,< gli ringhiai in faccia.

>Io sono il Comandante della nave e devo visualizzare lo stato della mia nave,< mi rispose quel vecchio imbecille con aria di sfida.

»Se lei ora lascia il ponte per andare nella stiva, io le rompo una gamba così che dovrà rimanere al suo posto. Il 1° Ufficiale è in uno stato di shock, l'uomo è fermo immobile e non vede e non sente niente, pertanto mentre i ragazzi ed io siamo nella stiva, lei è l'unico che può guidare la nave in una situazione del genere.

Siamo profondamente nella merda e tutto quello che ho a disposizione per cercare di uscirne sono: due ragazzi di 18 anni, che non hanno mai visto una burrasca simile e che sono anche per la prima volta in mare a bordo di un Mercantile, e Peter, inoltre ho un Capitano di 74 anni, che, anche se si regge a malapena in piedi, vuole andare nella stiva, solo perché lui vuole giocare ai Capitani Coraggiosi, e non io dovrei rompere una gamba, ad un vecchio imbecille simile,< gli spiegai calmo, amareggiato e disgustato per il suo irresponsabile atteggiamento.

>Continui così su questa rotta, ma non si azzardi a cambiarla di un solo grado, perchè se prende il mare in modo differente la nave comincia a rullare ancora di più e i pontoni a scivolare e questo ci può anche ammazzare.<

Senza più curarmi del vecchio rimbambito che aveva ripreso come se fosse in uno stato di trance a fissare un punto imprecisato chissà dove tra le onde là fuori, seguito da Peter e dai due ragazzi andai giù per le scale per ritornare nella stiva.

Pochi minuti dopo eravamo tutti e quattro con le ossa sane, magari un po’ bagnati dalla pioggia sferzante che grazie Dio teneva un po’ basse le onde, e mezzo intirizziti dal freddo nella stiva e rapidi cominciammo a imbracare i pontoni cercando di non romperci le ossa.

Ci mettemmo due ore ma alla fine riuscimmo a fare un lavoro accettabile e ragionevole e a imbracare allo scafo ogni singolo pontone indipendente dagli altri.

Avevamo messo anche una buona imbottitura di legno tra i singoli pezzi impendo così uno scivolamento del ferro sul ferro.

Certo che non fu facile, qui pontoni avevano 6 metri di lunghezza e tre di larghezza e pesavano circa 350 Kili l’uno.

 

NELL' URAGANO : il nostromo reagisce


Eravamo nella prua della nave nel bel mezzo di un Uragano, e la nave saltava e rullava come un Mustang selvaggio, con cadute libere di oltre 8 metri nella valle tra due onde.

Alla fine però, senza romperci manco un osso, eravamo riusciti con un po’ di fortuna ad fissare i dannati pontoni allo scafo della nave e a mettere una buona barriera di legno tra di loro e lo scafo.

Avevamo così fatto tutto quello che potevano e che in quella situazione ci fu dato di fare per salvare la nostra vita con i nostri mezzi di bordo, il resto era solo nelle mani di Dio.

È ancora un mistero, come in quelle ore riuscimmo a entrare e uscire dalla stiva senza venir spazzati via in mare, fatto è che ci riuscimmo, e non solo in quell’occasione.

Arrivati sul ponte, informai il Capitano della situazione e gli spiegai quello che avevamo fatto.

Gli spiegai che i pontoni non erano per nulla al 100% al sicuro, ma che semplicemente erano più sicuri di prima.

La Tempesta intanto aveva aumentato d’intensità e il vento aveva raggiunto la bellezza di 25, con punte di oltre 30metri al secondo, il che ci portava ben oltre la forza dodici della scala Bouford.

La Condor scossa e maltrattata dal vento e dalle onde teneva il mare con un rullio selvaggio e veloce di 30 gradi.

In cinque secondi rullava da destra a manca come ubriaca, spinta dall’immane forza delle onde per poi raddrizzarsi di nuovo con un paio di gradi di incasinamento a sinistra, per ricominciare a rullare di nuovo un paio di secondi dopo.

Questo assetto con un’inclinazione di due Gradi a sinistra mi veniva a fagiolo, difatti i Pontoni si erano ammassati tutti da quella parte e il loro peso teneva sì la nave inclinata sulla sinistra, ma allo stesso tempo li teneva quasi inchiodati lì dov’erano.

In una situazione del genere, tutti i comandanti che conosco sarebbero rimasti lì alla cappa, navigando a velocità ridotta contro il mare e il vento fino a quando le condizioni non si fossero migliorate, solo questo vecchio scemo no, quello era determinato a giocare al Capitano coraggioso e impavido, e fu cosi che quando quel vecchio rimbambito sentì che in qualche modo eravamo riusciti a imbragare i pontoni nella stiva, annunciò tutto solenne e raggiante che intendeva riprendere la Rotta per Cabo Finistère in Spagna.

>Grazie Chief, ha fatto veramente un buon lavoro, ora posso riprendere la mia rotta,< questo è tutto ciò che Signor Capitano ebbe a dire.

La mia risposta non tardò ad arrivargli addosso.

>Se lei si azzarda solo a provare a cambiare questa rotta di un solo grado la faccio rinchiudere in cabina e prendo in consegna la nave,< non dissi altro.

>Questo è ammutinamento, < comincio a sbraitare il vecchio scemo che da come si comportava era ormai evidente che non aveva ancora afferrato bene il pericolo in cui ci trovavamo, > farò rapporto alle autorità Portuali Olandesi e manderò un Rapporto all’Armatore.<

Prima che potessi rispondere Peter gli si avvicinò minaccioso e lo squadro da capo a piedi.

>Comandante dato che c’è, ci metta pure il mio nome, ma lei la rotta di questa nave ora non la cambia,< gli gridò in faccia, Peter era veramente arrabbiato e per un momento ebbi il timore che lo stress lo rendesse aggressivo nei confronti del vecchio Comandante che vista la violenta reazione del Nostromo era subito ammutolito e lo guardava sbigottito e pallido in faccia.

>Se lei si vuole suicidare si accomodi, salti pure fuori bordo, ma questa nave rimane qui dov’è ora, io a casa ho una moglie e due bambini che mi aspettano, e non ho nessuna intenzione di deluderli solo perche lei si comporta come un vecchio incosciente senza senso di responsabilità, ma si può sapere chi è quell’imbecille che la lascia ancora navigare. Lei è una persona pericolosa e stia più che sicuro che d’ora innanzi la terrò d’occhio poi a Rotterdam, sempre se ci arriveremo, faremo i conti. <

Intervenni io:

>Come può rilevare dall’indicatore di velocità la fuori ci sono dei colpi di vento che ora vanno oltre i 30 metri al secondo e certe onde che ci piovono addosso superano gli otto metri, questa tempesta è in realtà un bell' Uragano, e noi a causa della sua scempiaggine ci siamo in mezzo. Ora lei intende con una nave di 4000 Tonnellate, che già in condizioni normali si troverebbe in una situazione di emergenza, prendere questo mare quasi di traverso con 12 pontoni sciolti nella stiva e tenuti a malapena in posizione da delle catene e da dei cunei di legno, ma che è impazzito? Vuole andare all’Inferno? Se è questo che lei vuole non ha che fare un salto fuori bordo, qui nessuno la fermerà,< spiegai al vecchio Comandante che sembrava veramente trovarsi in una forma di torpore mentale che non riuscivo a specificare.

Nel frattempo il giovane 1° Ufficiale del Cabo Verde, come se fosse paralizzato, guardava fuori fissando un punto in mare e non si muoveva, nè tanto meno parlava, da lui non potevo certo aspettarmi nessun aiuto e mi resi ancor di più conto che, come non mai, mi trovavo veramente nella merda fino al collo.

>Dato che non vogliamo giocare con le nostre vite,< -proseguii- >ora è suo dovere informare Radio Ushant della nostra situazione e chiedere loro di tenerci d’occhio, poi quando la burrasca sarà passata, vedremo cosa possiamo fare per proseguire la navigazione senza ulteriori e inutili pericoli,< conclusi sperando che il vecchio testardo capisse la precarietà della nostra situazione e non mi costringesse a destituirlo dal Comando della Nave.

Quell’uomo ormai mi ripugnava, avevo capito che lui pensava solo a se stesso e al suo effimero prestigio di Comandante, da come si presentava ora ai miei occhi non era più un marittimo, ma uno zio qualunque, che, in un modo o nell' altro, intraprese la via del mare e forse solo in seguito, credendo che una posizione di Comando lo autorizzasse a fare ciò che credeva più opportuno senza badare agli altri, era diventato un piccolo cinico che pensava solo a se stesso e ai suoi interessi.


Precisai perentorio:

» Prima di tutto, noi non vogliamo mettere a repentaglio la nostra vita o distruggere la nave e tanto meno mettere in pericolo chi per mestiere verrebbe in nostro soccorso, non è vero? È suo dovere chiamare Ushant Radio e informarli della nostra situazione perché in realtà siamo in pericolo; anche se per il momento abbiamo la situazione sotto controllo. In un qualsiasi momento, ogni singolo secondo, i pontoni, un pontone può rompere le imbracature e farci un buco nella nave e noi finiamo ai pesci, si rende ora conto della gravità della nostra attuale situazione Comandante?<

L'uomo che pensava solo a se stesso e al proprio prestigio, senza rispondermi, afferrato il microfono della Vhf , chiamò sul Canale 16, Radio Ushant.

>È proprio per colpa di rincoglioniti simili che molte navi si sono affondate e molti bravi uomini hanno perso la loro vita. È proprio a causa di certi *** che volevano giocare a fare i Capitani impavidi e senza paura, che tante navi sono affondate trascinandosi dietro l’’intero equipaggio,< pensavo questo, mentre guardavo quello scellerato chiamare Ushant Radio, cosa che naturalmente avrebbe dovuto fare spontaneamente nello stesso momento in cui gli avevo spiegato la pericolosa situazione che si era creata nella stiva.

Tranquillo, con voce quasi monotona, il vecchio Comandante rispose a tutte le domande che l’operatore Radio nella Stazione posta sull’isoletta di Oushant nella punta più occidentale della Francia.

Rispose a tutte le domande, diede le dimensioni della nave, il pescaggio dello scafo, il tipo di carico, Il Porto di partenza e quello di destinazione, il nome dell’Armatore e dell’agente marittimo nel Porto di destinazione. Alla fine, la Stazione Radio Costiera gli accordò il permesso di rimanere alla Cappa nel bel mezzo della Zona spartitraffico dove ci trovavamo e gli impose di chiamare la Stazione Radio ogni 15 minuti, per un rapporto dettagliato della situazione.

Subito dopo Ushant Radio lanciava il suo primo avviso ai Naviganti informandoli e dando la nostra Posizione, li avvertiva che per il momento la MV Condor era impossibilita alla Navigazione, e in stato di emergenza, ma ancora sotto controllo e Comando.


albatro in volo

L'EMOZIONE DI SENTIRSI UN ALBATRO

Proprio quando pensavo di andarmi a cambiare la tuta che oramai era tutta bagnata, sul ponte di navigazione accanto cominciammo a sentire dei colpi secchi contro una struttura, in sintonia con il rullio della nave che provenivano dalla Piccola Coperta, detta anche Coperta della Bussola, appunto perche proprio lì sulla più alta coperta della nave è situata la Bussola Magnetica di ogni Nave.

>E ora che diavolo succede,< mi chiese Peter guardando in alto.

>L’unico modo di saperlo è di andare su a vedere, sembra che la porta stagna dell’entrata al vano del ventilatore dei servizi sanitari nella ciminiera si sia aperta, < gli risposi, mentre senza indugi, aggrappandomi dove potevo, un po’ qua e un po’ la, guadagnai la porta di dritta e uscii nella nocca subito seguito dal bravo Peter che era veramente l’unica persona della quale in una situazione simile potevo effettivamente fidarmi.

Se non fu facile raggiungere la coperta della bussola non lo era certo di più restarci sopra.

I rabbiosi sbalzi della nave nelle onde che la martoriavano, la forza del vento, le nostre membra intirizzite dal freddo, le sovrastrutture bagnate e scivolose, tutto questo insieme di cose ci stava dando molto filo da torcere, ci rendevamo conto che eravamo veramente in pericolo di venir catapultati fuori bordo.

La Coperta così detta della Bussola Magnetica è la più alta della Nave, proprio sopra il Ponte di navigazione, difatti non è altro che il “soffitto” del Ponte, a quel tempo le Batterie di emergenza da 24 Volt erano sistemate in un cassone saldato su quella Coperta, anche quello ora aveva rotto le sue saldature.

Ci eravamo letteralmente distesi sulla Coperta bagnata e per non venir scaraventai fuori bordo c’eravamo aggrappati alla ringhiera parapetto della Piccola coperta a ridosso della Ciminiera, e cercavamo in tutti i modi di rimettere in posizione il cassone delle batterie che aveva rotto le sue saldature già provate dall’usura del tempo e ora, tenuto fermo solo dai cavi che portavano la corrente al quadro di Emergenza della nostra Stazione Radio, sbatacchiava contro il Camino seguendo gli incessanti sbalzi della Nave.

Alla fine, unendo le nostre forze, riuscimmo a rimettere il cassone nella sua posizione prestabilita, e per non permettergli più di muoversi, mi attorcigliai alla ringhiera come un serpente e mi ci sedetti sopra con le chiappe mezze congelate, sperando che i miei 100 Chili di peso lo tenessero fermo finchè Peter non trovasse una corda con cui assicurarlo alla ringhiera del Parapetto.

Incorporato nel Camino c’era il vano dell’aspiratore dei servizi sanitari della Nave e da lì Peter estrasse un rotolo di cordicella di nailon molto resistente e si accinse, mentre con una mano nella sua cinghia dei pantaloni lo tenevo fermo perché non mi scivolasse fuori Bordo, a imbracare il cassonetto.

>Se cede anche la ringhiera mollo Peter e volo da solo dritto all’Inferno,< - pensai sorridendo beffardo, mentre ciondolavo sospeso tra cielo e mare con gli spruzzi delle onde gelate che mi lavano la faccia. Se dalla finestra del Ponte, la vista della tempesta era imponente e sconvolgente, vista così da fuori mentre ero lì come una banderuola al vento, il tutto era puramente e semplicemente maestoso.

Difatti mi bastava non pensare, non guardare la nave, e lì, sospeso tra gli elementi scatenati, potevo veramente provare e vedere ciò che provava e vedeva un Albatros quando faceva la gimcana tra le Onde alla ricerca di cibo.

Mi sorpresi ad ascoltare con profonda umiltà un concerto provocato dai risciacqui delle onde che a volte passavano veloci a pochi metri dal mio naso, dai colpi dello scafo contro il mare infuriato, e dalle centinaia di violini che il vento suonava tra le strutture dell’Albero segnaletico della Nave.

Dal Camino poi potevo seguire anche l’andazzo del Motore Principale che cambiava suono ogni volta che il Mare, sollevando la poppa per pochi istanti, toglieva la pressione dell’acqua sulle pale dell’elica.

In momenti simili il Motore si scatenava e la mia Mandria sembrava voler correre via a briglia sciolta, finchè il regolatore dei giri Motore non la portava a miglior ragione e ne riduceva i giri, salutato dai colpi secchi dell’aria di lavaggio nella turbina che in momenti simili si ingolfava d’aria.

Cambiando suoni da un adagio lento a un andante con brio come in una Sinfonia, il Motore scandiva i suoi giri accompagnato dalle tuonate della Turbina e il tutto si mischiava con il frastuono delle onde e gli ululii del vento.

Fu proprio quel giorno, in quell’occasione, che mi resi conto che nessun pittore al mondo, nessun musicista su questa Terra, nessuno scrittore per quanto capace, sarebbe mai stato in grado di dipingere un quadro simile o scrivere una partitura o di raccontare in modo adeguato una situazione del genere.

Per capire tutto ciò, bisogna averlo visto e saputo ascoltare con umiltà e profondo rispetto, ma soprattutto essere arrivato a sentirsi ed essere , parte integrale del tutto.

Cercare di spiegare a parole, dipingere, o scrivere una partitura simile non sarebbe nient’altro altro che espressione di pura e semplice stupida umana vanità.

 

I TRE CAVALIERI DELLA MORTE IN MARE

Troppe navi sono affondate, troppa Gente di Mare ha perso la vita in situazioni precarie e pericolose simili a quelle che racconto, venute a crearsi a causa di non curanza, di leggerezze o semplicemente per mancanza d’esperienza degli Ufficiali di Bordo.

Molti, troppi uomini hanno perso la vita in mare su navi in avaria, trascinati in fondo al mare da una nave che colava a picco, congelati dall’acqua ghiacciata, intrappolati senza possibilità di scampo nei vani stagni di navi che affondavano, o bloccati da qualche incendio a bordo, morti bruciati vivi o asfissiati.

Nessuno di questi uomini sarebbe dovuto morire, non uno e non in tempo di pace.

Nessuna nave è stata costruita per affondare, il buonsenso, le strutture e le capacità che in ogni nave sono state messe a disposizione per affrontare ogni evento, tutto questo ci dà sempre e ovunque quando navighiamo, ogni possibilità di reazione e prevenzione di avarie e di incidenti gravi.

Nella maggior parte dei casi è possibile evitare e aggirare ogni tempesta, altrimenti, in particolare le coste europee, ci offrono all’occorrenza diverse opportunità di un ancoraggio o porto sicuro in cui rifugiarsi nei casi estremi. È sempre e solo l’incoscienza umana che mette in pericolo uomini e navi. La diversità delle situazioni è vasta, si va dalla pura stupidità o inesperienza, alla pura negligenza o codardia di fronte agli Armatori, i quali guadagnano soldi solo da una nave in movimento e non quando questa perde prezioso tempo all’ancora ad aspettare che il mare si calmi.

I tre cavalieri della morte in mare sono: L’incompetenza, la negligenza, la cattiva gestione.

A bordo della nostra Nave quel giorno i tre, si erano presentati compatti e uniti, determinati e pronti a falciarci uno dopo l’altro.

I tre cavalieri della morte da noi avevano assunto le sembianze del 1° Ufficiale, del Comandante della Nave e dell’Agenzia di Navigazione nei Paesi Bassi che, senza pensarci su due volte aveva mandato a bordo un vecchio Comandante mezzo rimbambito dalla vecchiaia, ben sapendo che la nave aveva un Equipaggio di bambini d’asilo senza esperienza di Mare alcuna.

Ja Scheiße, Fuck You!


L’incompetenza marinara: Il cosiddetto Comandante in seconda, sia per mancanza d’esperienza, sia per pura e semplice noncuranza, non aveva messo i pontoni della stiva in posizione assicurandoli con gli appositi punti di bloccaggio, infatti, si era limitato ad accatastarli uno sopra l’altro e a imbragarli alla meno peggio.

La negligenza marinara: Il Comandante non aveva controllato il suo giovane Ufficiale gli aveva lasciato mano libera.

La cattiva gestione: Chi era quel disgraziato in Olanda che aveva mandato un vecchio Comandante di 73 anni, mezzo rimbambito con sola esperienza di grandi navi, a bordo di una nave di 4 mila tonnellate con Equipaggio ridotto e un solo Ufficiale di Coperta a bordo?

Personalmente, se dovevo considerare una mia colpa, potevo solo accusarmi di essermi fidato di tutto e di tutti, difatti questo era stato il mio unico errore, per quanto i lavori di carico e di stivaggio non rientrassero delle mie mansioni di bordo, il mio sbaglio lo vedevo nel fatto che mi era fidato troppo, fu la forza dell'abitudine a farmi sbagliare.

Markus come Comandante a Bordo aveva gli occhi dappertutto e controllava costantemente il suo 1° Ufficiale, con lui una cosa del genere non sarebbe mai accaduta, in questo caso, avrebbe sfondato a calci il *** del suo Ufficiale e gli avrebbe immediatamente imposto di mettere i pontoni in posizione e fissarli in coperta con gli appositi meccanismi.

Markus però non si trovava a Bordo bensì da qualche parte in Inghilterra in ferie e noi eravamo in un mare di merda in piena burrasca, e come se ciò non bastasse, in una grave situazione di Emergenza Nave che minacciava di mandarci tutti ai pesci.

Solo dopo che riuscimmo ad assicurare nel miglior modo possibile il cassone delle Batterie alla Ringhiera Parapetto sul Ponte Bussola, mezzo congelati e intirizziti dal freddo, bagnati fradici e incazzati neri riscendemmo la scaletta “a Muro” e ritornammo nel Ponte di Comando e anche questa volta, grazie a Dio senza romperci le ossa , o ancor peggio senza finire in mare a far compagnia alle aringhe e ai merluzzi..

Gerd, uno dei due ragazzi, aveva preparo del The e ciò contribuì notevolmente a farci cambiare umore, a riscaldarci e a ritemprarci un poco.

Subito dopo pensai bene che fosse arrivata l’ora di cambiarmi e togliermi gli indumenti bagnati di dosso per poi fare un giro di Controllo in Sala Macchine.

Da tempo ormai sulle Navi al disotto delle cinquemila, grazie agli automatismi era possibile lavorare in solitario, mi piaceva pure, anche se a volte era davvero stressante.

Mi piaceva perché non dovevo pensare che a me stesso e alla mia Mandria di 3000 Cavalli, e a quello che facevo, pertanto impartivo i miei parametri assicurando che, nei limiti del possibile e accettabile, tutto funzionasse a dovere senza che nessun Comandante, previe quattro madonne, mi rompesse l’anima, e allora, buona notte al secchio e a tutti i grandi transatlantici alle petroliere e casini vari, in questo modo ero praticamente il padrone di me stesso, e così intendevo finire i miei anni in mare.

Quando mi serviva aiuto chiamavo uno dei ragazzi e quando pioveva e non potevano lavorare in coperta me li portavo in macchina e gli facevo lavare e pulire un po’ tutto, alla sera poi, a lavoro terminato offrivo loro una mezza cassa di birra, e loro ringraziavano, e l’indomani, se necessario, in previsione dell’altra metà della cassa di birra, lavoravano con ancor più buona lena.

Così dissi ai ragazzi che Peter ed io andavamo a cambiarci gli indumenti, e mezzo intirizzito com’ero, ma con l’adrenalina che ancora mi scorazzava nelle vene, mi accinsi a lasciare il ponte.

>Vorrei prima dare una guardatina nella Stiva Chief, vado giù con Gerd e torno subito,< disse Peter quando vide che stavo per andarmene.

>OK Peter, andate pure, forse e meglio così poi siamo anche più tranquilli,< risposi mentre per l’occasione mi versavo un'altra tazza di the.

>Ma se siete stati nella stiva appena una mezz’ora fa, ora che avete assicurato il tutto allo scafo, non succede più niente,< sbottò il Comandante.

>Sei veramente sicuro che tutto sia ancora a posto? Dannazione lo sei veramente? È colpa tua se ora ci troviamo in una situazione di emergenza e siamo tutti in pericolo e prega iddio che quando ritorniamo a Rotterdam, se mai ci ritorneremo, non ti denunci alla Guardia Costiera,< gli urlo Peter in Olandese e seguito da Gerd, senza attendere risposta usci dal Ponte di Comando prima di andare nella stiva, ed io usci con la mia tazza di the nella nocca di dritta, per tenerli d’occhio.

>Abbiamo rafforzato ancora un paio di catene e ne abbiamo messe altre due, abbiamo pure trovato altri cunei di legno e ancora altre tavole, le abbiamo usate subito, per ora se tutto rimane cosi dovremmo farcela. Penso comunque che sarebbe opportuno andare ogni ora a controllare,< ci spiegò Peter una ventina di minuti dopo, non appena assieme a Gerd ritornò dalla stiva.

>Penso sia veramente il caso di istituire dei turni di guardia Comandante, penso che Peter e Gerd potrebbero ora riposarsi un poco mentre io e Martin andremo avanti fino alle 20:00 di questa sera,< spiegai al vecchio che mi sembrava veramente ancora un po’ frastornato e alquanto stordito.

 

>Sì, lei ha ragione, facciamo così io rimango comunque sul ponte,< mi rispose il vecchio con voce sommessa, in un paio d’ore sembrava invecchiato di qualche secolo.

Finalmente Peter ed io potemmo andare a toglierci gli indumenti bagnati, Gerd e Martin lo avevano fatto in precedenza ed ora toccava finalmente a noi due.

Rapidamente mi spogliai in bagno lasciando la roba bagnata sul pavimento, ancor più rapidamente mi asciugai e mi rivesti subito con roba lavata da poco, ma soprattutto asciutta.

Luwala era ancora distesa sul mio letto; a zampe per aria si era incagliata tra il materasso e la paratia come faceva ogni qualvolta che eravamo in una burrasca, e come sempre mi guardava con una mesta faccia da scema, quasi implorandomi di farle compagnia e di non lasciarla sola.

In un modo o nell’altro ad un certo punto doveva essere scesa giù dal letto perche vidi che aveva pisciato sul pavimento.

>Buon per te, che non hai pisciato nel mio letto,< la ammonii sorridendo e prima di uscire dalla mia cabina misi un po’di stracci sulla sua piscia e andai in Sala Macchine dalla mia mandria.

Come previsto, là trovai tutto a posto, la mia Mandria ben controllata e tenuta a bada dal regolatore automatico, brava e diligente si adeguava alle sue richieste dettategli dalle condizioni del mare e regolava a richiesta la sua corsa, magari protestando e scalpitando un poco, ma sempre obbediente e attenta ad adattarsi alle richieste di potenza.

Come misura precauzionale, mandai in linea anche il mio secondo gruppo elettrogeno, veramente questo lo avrei dovuto fare sin dall’inizio, in una situazione del genere l’ultima cosa che ci serviva era un Black-out cosa che soprattutto a causa dei forti sbalzi della nave sarebbe potuto benissimo capitare, e dato che c’ero per avere ancora meno grattacapi fermai pure la centrifuga per la purificazione dell’olio del Motore principale.

In Sala Macchine, diversi metri sotto il livello del mare, i movimenti della nave sono molto meno violenti che sul Ponte di Comando dove la gente viene sbatacchiata e sballottata in continuazione e senza pietà un po’ dappertutto per i mari e gli oceani del mondo, questo probabilmente spiega anche il fatto, il perché i Comandanti dicono e fanno tante cazzate, difatti a forza di venir sbatacchiati in continuazione da una parte e dall’altra, quelli son talmente suonati che non si rendono più conto delle stronzate che dicono e del male e dei danni che fanno alle navi e ai loro equipaggi.

A parte questo, a prescindere dalle loro tare mentali e dalle brame di gloriose imprese marinaresche, molti di loro dovrebbero essere in Galera per omicidio colposo, né più né meno che questo.

 

 

UN BULLONE PROVVIDENZIALE

Prepotente si fece sentire la mia voglia di una sigaretta, ne presi una dal piccolo cassetto dello scrittoio giù in Macchina , dove tenevo il mio brogliaccio nel quale registravo dati e parametri dei motori insieme con i lavori eseguiti in giornata, quindi, prima di riportare tutto, con le mani pulite e in bella calligrafia domenicale sul mio Giornale di Bordo in sala controllo, mi sedetti su di un gruppo di valvole nel bel centro della nave e mi fumai finalmente la mia meritata sigaretta mentre rimuginavo l'accaduto e passavo in rassegna le nostre possibilità di cavarcela senza finire in mare, magari pure in pasto ai pesci.

Tutto dipendeva da quei dannati pontoni fissati in qualche modo allo scafo della nave e dalla forza del mare che, stando al trotto e al galoppo della mia Mandria, sembrava essersi stabilizzata poco sotto Forza 10.

Fu lì che mi ricordai che a suo tempo nella paratia divisoria tra Sala Macchina e fondo stiva avevo scovato un bullone da dieci millimetri.

Solamente un pazzo si mette a sforacchiare una paratia per vedere se dall’altra parte c’è dell’acqua pensai a quel tempo, ma in quello specifico momento lo ringraziai, chiunque esso fosse, e svitai via il bullone, con un cacciavite pulii via la ruggine e i piccoli detriti e resti del granito del viaggio precedente e vedendo che dal foro non usciva acqua, ebbi la certezza che la nave era ancora stagna e che nessun Pontone a prua aveva ancora sfondato lo scafo.

Prima di risalire sul ponte andai in sala controllo e accesi i due riflettori alogeni da 1500 Watt della stiva e, dopo essermi assicurato per l’ennesima volta che avevo fatto tutto quello che umanamente mi era dato possibile di fare, usci da l mio rumoroso Regno della pura tecnica e della logica meccanica, per andare sul ponte dei se e dei ma e dei forse.

Mi accorsi che avevo anche fame e sete, così passai nella Cambusa per farmi un tramezzino e bermi mezzo secchio di caffè.

Nella Cambusa trovai Peter che era intento a riempire un sacchetto di Plastica con dei tramezzini e delle banane.

Prima di tutto mi scolai quasi un mezzo litro di latte fresco, poi agguantai un tramezzino e lo mangia in un paio di bocconi.

<Certo che nello stress ci si dimentica anche di mangiare e di bere,< dissi mentre ne mangiavo un altro.

>Prima di andare sul ponte Peter, è necessario che tu venga un momento con me in Macchina, ti voglio mostrare un foro nella paratia che ci aiuterà a controllare se nella stiva c’è dell’acqua,< gli spiegai.

E fu così che poco dopo gli mostrai il foro magico.

>Quando questa notte sarai a guardia della stiva, manda ogni tanto Gerd a controllare quel foro, se vede uscire dell’acqua digli di svegliarmi subito,< gli spiegai mentre dai lavandini della Cambusa prendevamo il sacchetto con i tramezzini e il bidoncino del Caffè dove li avevamo messi perche non scivolassero sul Pavimento.

>E poi?<

>E poi, Peter cominciamo a pompare fuori la Stiva e andiamo a vedere quanto grande è la falla, se però le chiappe ci dicono che stiamo affondando allora prendo Luwala e raccattiamo qualche coperta e delle bottiglie d’acqua, poi saltiamo nelle zattere e a ramengo la barca, non dobbiamo lanciare nemmeno il Mayday succede automaticamente non appena l’acqua raggiunge la Boa con il trasmettitore di emergenza, quello manda il suo Mayday ai Satelliti e quelli lo ritrasmettono a chiunque lo voglia sentire sulla Terra< gli spiegai.

Sul ponte i due ragazzi non appena videro il mangime ci si buttarono addosso come giovani lupi affamati e Peter vedendo la loro fame, pensò bene di scender un'altra volta in Cambusa e prepararne degli altri ancora.

Solo dopo aver mangiato un altro tramezzino e una banana guardai di nuovo fuori e mi accorsi che il vento e il mare si erano un po’ placati, navigavamo ancora sui sette o otto, ma le onde si era erano notevolmente placate e tutto indicava che nelle prossime ore si sarebbero calmate ancora di più.

>Pian piano si sta calmando,< dissi al Comandante che per tutto il pomeriggio era stato vicino al timone, mentre il suo promo Ufficiale stava ancora là aggrappato al termosifone vicino alla porta; senza dare segni di vita quello stava li e, come inebetito, guardava un punto fisso là fuori da qualche parte senza parlare.

>ora abbiamo ancora un po’ di luce, tra un’ora però sarà buio, se vuole ora possiamo andare nella stiva, < gli suggerii.

> Si Chief, andiamo,< -prima però chiamò Peter il nostro Nostromo e Cuoco al Timone- >siamo in automatico e la Rotta e di 315° continua così, se ti viene a mancare l’automatico prendila a Manuale e dacci avviso con un lungo suono del Tifone, <

>Bene Comandante Rotta 315 Gradi,< rispose Peter e prese subito il suo posto.

Anche questa volta riuscimmo a guadagnare la stiva senza bagnarci, non ci bagnammo nemmeno i piedi.

Anche dai rumori che si udivano nella stiva si poteva capire che la tempesta stava perdendo vigore, la mia Mandria faceva ancora qualche volta le bizze, ma non come prima e i colpi delle onde contro lo scafo erano meno intensi, molto meno intensi di prima.

Tenendo sempre d’occhio il vecchio Comandante nel caso inciampasse da qualche parte, lo pilotai a Prua dove poté ammirare con i suoi occhi la gravità della nostra situazione.

>Grazie Chief,< mormoro sommesso, non appena vide il nostro problema, non disse altro.

In Silenzio stava li, e tenendosi ben saldo ad una traversa, quasi aggrappato allo scafo della nave, il Capitano guardava quel macello di pontoni sparsi, ammucchiati sulla sinistra della stiva come se fosse un mucchio di rottame.

>Grazie,< mormoro di nuovo, e lì capii che non solo si era finalmente reso conto della gravità della situazione in cui ci trovavamo, ma anche che questo tipo di nave non era fatto per lui.

Grazie ad una banda di irresponsabili al Ministero dei Trasporti e della Marina Mercantile agli Armatori avevano praticamente dato mano libera e potevano fare quello che volevano, non solo quei disgraziati potevano ridurre drasticamente gli Equipaggi delle Navi, ma era pure loro permesso di ingaggiare alla rinfusa senza tanto badare alle qualificazioni del Personale Navigante chiunque andasse loro a genio.

Un'altra volta controllai se i nostri accorgimenti di fortuna erano ancora in ordine mentre stavo guardando in giro, il Comandate tendendosi fermo ad una traversa si guardava in giro incredulo e sbigottito.

>Com’è stato possibile,< chiese l'uomo ancora incredulo.

>Lei è stato sempre su navi con diversi Ufficiali a Bordo, aveva un Ufficiale di Carico, un Nostromo e marinai dei quali si poteva fidare, purtroppo grazie alla delinquenza navale odierna, le cose sono cambiate, il suo Ufficiale ad esempio è per la prima volta su di una Nave Mercantile, a Cabo Verde lavoravo sui piccoli pescherecci locali, pescava, e ora è 1° ufficiale a Bordo di un Mercantile di 4 mila tonnellate, ma non ha mai visto una Burrasca simile e per questo è sotto shock, e stato semplicemente irresponsabile permettere ad un giovane pescatore senza esperienza un ingaggio su una Nave Mercantile e di assumere una posizione di così alta responsabilità. È stata la nostra forza dell’abitudine a metterci nei guai, la sua, perché lei si è sempre fidato della sua Gente, la mia perché pensavo che tutto funzionasse come quando l’Armatore era a bordo, ed è per questo che non abbiamo controllato il giovanotto,< gli spiegai continuando scrutare tra i Pontoni buttati li alla rinfusa, ammassati come un mucchio di ferrovecchio uno sopra l’altro da una Burrasca che ora sembrava si stesse calmando sempre più,

>Con il vento in poppa questo scafo e impareggiabile e la nave tiene il mare come un gabbiano, forse sarebbe il caso di considerare un cambiamento di rotta e filare via al sicuro sotto costa, là potremmo mettere in posizione i pontoni e proseguire il nostro viaggio, < proposi al Comandante che ora, essendosi reso conto della situazione, sembrava ancora più invecchiato e fragile di prima.

>Quanto tempo le servirebbe per rimettere in posizione i pontoni Chief?<

>Normalmente una ventina di minuti, attualmente con tutte le catene i tiranti e imbragature di emergenza che abbiamo messo mi ci vorrebbe minimo un’oretta,< risposi continuando a guardarmi in giro per la stiva

>Solo un’ora di mare calmo e potrei proseguire,< mormoro il vecchio, con ostilità caparbietà.

>C'erano persone in mare, a cui bastavano un paio di battiti di cuore o una boccata d’aria o pochi secondi per salvare le loro vite, in confronto lei chiede un'ora, questo non le è dato di avere,< dissi con voce tagliente guardandolo dritto negli occhi.

L’uomo sembrò di nuovo scuotersi e ritornare con tutti e due i piedi sulla tolda della stiva si guardò in giro e prese la sua decisione, l’unica che aveva.

>Chief, la ringrazio ancora una volta e ora andiamo, di nuovo sul ponte abbiamo una nave da girare e mi auguro che anche questa volta lei abbia ragione,< disse mentre ancora un po’ incerto sulle gambe si avviò verso la scaletta a poppa per uscire dalla stiva.

>Mentre eravate nella stiva l’ufficiale, si è lamentato perché oggi non ho potuto preparare un Pasto caldo,< ci disse Peter non appena il Comandante ed io fummo di nuovo sul ponte,

mentre il Capitano riprendeva il suo posto davanti ai quadri di comando, e, dopo un breve rapido controllo si apprestava a invertire la nostra rotta. Mi guardai il così detto ufficiale che sembrava rivivere in proporzione alla diminuzione della Burrasca e guardai Gerd senza dire una parola.

>Niente di speciale, lo ho preso per il collo e gli ho detto che se si azzardasse ancora a fiatare, lo scaraventerei fuori bordo,< risponde il ragazzo con calma.

Sorrisi e gli chiesi perche non lo avesse fatto e mi accorsi che anche il Capitano non solo sorrideva a sua volta, ma era pronto alla manovra.

Prima di invertire la rotta il Comandante chiamo di nuovo Ushant Radio e dando la nostra posizione e tutte le informazioni del caso, chiese il permesso di navigare sotto costa e cercare un ancoraggio sicuro.

Naturalmente il permesso d’ancoraggio gli fu subito accordato e augurandoci buon viaggio, Ushant Radio chiuse la trasmissione.

Maestoso il vecchio Comandante, guardò fuori scrutando e valutando le onde di un mare e la forza di un vento che, per quanto meno furiosi di poche ore prima, si mantenevano ancora constanti su un buon sette con venti sui quindici metri al secondo e le onde erano ancora sui tre o quattro metri, anche se in prevalenza aveva smesso di giocare al gran selvaggio, e iniziò la manovra.

> Bene signori ora inverto la rotta,< e spingendo il motore a tutta forza, mise la barra tutta a manca.

Sulle prime, sembrò che la Condor non si fosse resa conto che la Mandria era stata lanciata al massimo, difatti mi sembrò che fosse stata colta di sorpresa e che stesse valutando rapidamente la nuova situazione.

Poi tutt’un tratto si scosse e quasi frenetica, sempre più velocemente e rabbiosa, quasi spingendo via davanti a sè le onde che la volevano fermare, quasi buttandole da parte, prese velocità e inclinandosi a sinistra fino a 30° si girò come su di un piatto, e poco dopo mostrando al mare le sue capienti chiappe, prese a navigare imperterrita del vento e del mare verso Terra.

>È d’accordo con il 60% della potenza Chief?

>Un 80% mi sta pure bene se vuole, ora non ho problemi e la nave come vede naviga quasi tranquilla, < risposi mentre mi apprestavo a scendere giù a vedere Luwala e il Comandante impostava alla Mandria l’80%.

Come supponevo, quella disgraziata che mi aveva pisciato in camera, mi stava già aspettando ferma davanti alla porta e quando l’aprii scodinzolando mi salutò e senza indugi uscendo dalla mia cabina si piantò di fronte alla porta stagna che dava sulla seconda coperta a sinistra a un paio di metri dalla mia cabina.

Aprii la porta per farla uscire ma lei non si mosse, prima guardò fuori, guardinga e sospettosa, poi annusò il vento, infine, guardandomi compiaciuta quasi strizzandomi gli occhi, usci in coperta e si feci una bella cagatina di gusto, sotto la scialuppa di salvataggio.



 

 




 

 

 



 






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