Benvenuto su questo spazio. Molti sono gli argomenti: troverai attualità, schede di giardinaggio, ricette di cucina, articoli sulla natura, parapsicologia, mitologia, favole, poesie, letteratura, la Roma del tempo che fu. Spero che trascorrerai attimi piacevoli e sereni e, se vorrai intervenire o contattarmi, ne sarò felice.

Marista
Siete in: Home arrow Parpaiola arrow Franco Parpaiola racconta : IL CANTIERE di Monopoli
Ricerca personalizzata
Amministrazione
Franco Parpaiola racconta : IL CANTIERE di Monopoli PDF Stampa E-mail

Scritto da Marista Urru   
venerdì 19 marzo 2010

Un grazie particolare  a Franco Parpaiola che  mi ha autorizzato a  riportare qui l'ultimo capitolo di un suo manoscritto di prossima  pubblicazione .  Un racconto  che  ci porta diretti nel Cantiere dell'inceneritore di Monopoli. Una narrazione  vivace  da non perdere, un modo divertentissimo  per sapere da chi era sul posto  al lavoro e rischiava la vita,  come in realtà funzionano certi meccanismi.




IL CANTIERE.

Se vuoi veramente imparare, allora impara prima a saper ascoltare e a capire
Il Kaiser Federico secondo a suo figlio Corrado.


Ultimo Capitolo

....L'ultima farsa al Cantiere dell'Ital Green Energy iniziò, quasi scherzando, una bella mattina verso le 6 quando  cominciò il mio turno di Lavoro.
Il mio silenzioso, quasi tenebroso collega tedesco del turno di notte mi riferì lapidario che durante il suo  lavoro aveva avuto seri problemi con la fottuta caldaia e che era lieto di tornarsene  a casa tutt'un pezzo.

Chiaro per me era solo che la caldaia era già da diverse ore spenta, e questo fatto la diceva lunga.
>Questa Notte ho avuto dei guai seri con quella dannata Sansa<, di più non disse e silenzioso e taciturno come era, se ne era andato a casa.
Il suo modo di fare mi era sempre apparso arrogante e distaccato.

Il suo, era il tipico atteggiamento dettato dalla povertà mentale di un piccolo tedesco ignorante di origine polacca, con un lavoro sicuro e uno stipendio mensile fisso.
Rispecchiava veramente in se, tutta quella tipica arroganza dettata solamente dall'ignoranza e povertà di Spirito che lo portavano a credere, come tanti altri tedeschi presenti nel Cantiere, di essere qualche cosa di meglio e di  superiore rispetto ai ragazzi dell'Ital.Green Energy e alle maestranze della Casa Olearia Italiana in generale, che, sia lui, sia glia altri prototipi dell'Homo sapiens "germanicus", chiamavano quasi con disprezzo, stando molto attenti a non farsi sentire da me: I piccoli omini verdi.

Forse nemmeno se ne  rendeva conto di essere solo un piccolo ignorante essere umano, senza spirito e intelletto, anzi  ne sono certo , difatti a mio avviso  era troppo pieno di sé per poterlo fare.

Il morbo della sprezzante dottrina dei giusti di stampo bismarchiano e la  stupida sicurezza di essere sempre e comunque nel giusto solamente per il semplice fatto di essere tedesco, si era insediato nel suo Cervello e ora correva rampante nel suo Gene, tanto e quanto come lo stava facendo in quello degli esotici specialisti tedeschi e della Siemens, che barcollavano su e giù per il Cantiere.                
Normalmente prima di prendere servizio facevo  un giro di controllo visuale dell'impianto, quella mattina però, dato che già da lontano andando al Lavoro, mi ero accorto che la Caldaia non era in funzione, ero andato direttamente in centralina per vedere che diavolo era successo.

Esattamente nello stesso istante  in cui  misi piede nella Sala di Controllo, il mio infallibile campanello d'allarme che avevo piantato in testa, si mise a suonare come impazzito, avvisandomi che quel dì c'era qualche cosa che non andava e che  quello sarebbe stato un giorno alquanto particolare.
I ragazzi se ne stavano mogi e zitti, lontani anni luce dal loro solito comportamento un po' rumoroso, specialmente durante gli ultimi minuti di servizio, anche questo mi diede da pensare, mentre il mio campanellino d'allarme aveva cominciato a suonare ancor più forte di prima.

Quella mattina se ne stavano appunto giù di corda, mesti e tranquilli come se stessero aspettando una mazzata in testa da un momento all'altro e così in quel momento, senza chiedere spiegazioni, decisi di darmi un'occhiata alla Fornace e all'Impianto di alimentazione in generale.

Prima però mi feci un mezzo secchio di caffè tedesco e mi fumai una sigaretta.
Definitivamente quella mattina qualcosa non andava, i due ragazzi del turno di giorno  se ne stavano lì seduti davanti agli schermi dei monitor e guardavano nel vuoto evitando accuratamente di  guardami o di far rumori che avessero in qualche modo potuto disturbare  il silenzio tombale che  regnava sovrano nella centralina.

Una rapida ispezione dell'Impianto mi confermò che la cisterna del combustibile conteneva solo sansa, come tra l'altro i canali d'alimentazione della fornace stessa.
Dato che l'aspiratore dei fumi della fornace era in funzione, aprii uno dei portelloni e potei constatare che quel disgraziato di collega mi aveva riempito l'intera graticola della fottuta fornace con ben oltre 50 centimetri di Sansa nera e lievemente fumante.

Disgustato dal suo vigliacco menefreghismo e  dal basso senso di responsabilità tecnica, richiusi il portellone e me ne tornai in centralina, maledicendo in cuor mio quella banda di disgraziati piovuti dal Nord sul Bel Paese  che stavano dipingendo un così brutto quadro delle capacità tecniche e lavorative  della Germania e del suo Popolo.   
Quella mattina di sicuro sapevo solo che verso le tre di Notte, la fornace della Caldaia era andata in sovrappressione e che si era fermata automaticamente evitando così un'esplosione, di più non sapevo.

I ragazzi del turno di notte prima di andare a casa mi spiegarono che anche tutta la Nomenclatura della Siemens e della Wehrle  si era presentata in cantiere, dopo che il mio collega li aveva buttati giù dal letto.
Mi dissero però anche che i signori dirigenti  se ne erano ritornati subito tutti in Albergo a dormire, rimandando  gli interventi del caso al mattino seguente.
Dagli appunti del mio collega potei solo capire che verso le tre del mattino appunto, l'impianto si era fermato automaticamente, il che naturalmente era indice di acuto pericolo, sia per l'Impianto sia per il personale di servizio.

Un'eventuale esplosione della Fornace e conseguentemente della Caldaia sotto pressione, non solo avrebbe fatto dei miei ragazzi degli angioletti, ma avrebbe anche svegliato tutta la Città di Monopoli e dintorni.
Inoltre venni a sapere che , prima di andarsene a casa, come mi avevano già riferito i ragazzi del turno di notte, Napoleone, l'economo del Vapore, checche ciò voglia dire, senza informarmi, e senza aver la facoltà di ordinare un intervento simile, e sicuramente anche senza interpellare prima sia il Capo Cantiere della Siemens sia quello della Wehrle, aveva loro imposto di usare durante la Notte solamente la Sansa come combustibile.

I ragazzi, quali dipendenti dell'Ital Green Energy, consci di perdere il già tanto atteso posto di lavoro in una Regione avara di attività e possibilità lavorative, non avevano posto obiezioni.
Il mio collega tedesco, dal canto suo, pur spendo che la sansa da sola non avrebbe mai potuto alimentare la caldaia, se ne era altamente fregato di quello che i dirigenti del cliente facevano, o non facevano, in quanto li considerava, e su questo punto non gli potevo dare altro che ragione, dei poveri infantili principianti allo sbaraglio, che giocavano con il fuoco.

La sua malignità nei confronti delle maestranze poi fece il resto, e sornione e sicuro in cuor suo di fare dei danni, aveva continuato imperterrito ad alimentare la fornace solamente con la sansa, finché i fumi della stessa non la spensero dopo di che conseguentemente alla caduta della pressione del vapore, anche la Turbina si era fermata da sola, prima di subire danni irreparabili.

>Ascolto<, non dissi altro quando ritornai in centrale.
I ragazzi arrossendo dissero lapidari solamente che Napoleone era l'unico responsabile del cambiamento di combustibile .
>Perché avete eseguito le sue diposizioni<? Chiesi loro di rimando.

>Franco per favore, noi lavoriamo qui, e non abbiamo tante possibilità di scelta come voi in Germania, qui siamo in Puglia, non nella Ruhr, quand`e che la vuoi capire<?
>Appunto, lavorate qui e credo che voi tutti vogliate continuare a farlo, nel modo in cui voi però lo state facendo signori miei, si può anche morire, e dannatamente alla svelta, quello str...o di Napoleone era alle tre di notte a casa sua, a letto con sua moglie, proprio mentre voi qui rischiavate di andare l'Inferno<.
>Napoleone ci diede un ordine di lavoro preciso, abbiamo dovuto eseguirlo, lui è il nostro diretto superiore<, si difese premuroso uno dei due.
>Bravo leone, hai ruggito bene, ti do dieci con lode, ma a prescindere dal fatto che né Napoleone né tanto meno chiunque dell'Ital Green Energy ha  una qualsivoglia facoltà di decisione sull'impianto finché non lo hanno preso direttamente in consegna, intendo farvi capire che un giorno non lontano sarete voi i conduttori della caldaia, non quello scemo di Napoleone. Avete capito? Dannazione, se la caldaia questa notte vi fosse scoppiata in faccia, quello si sarebbe lavato le mani in quanto era a casa a dormire, e voi sareste ora nient'altro che dei numeri in più, nella già lunga lista di morti bianche in Italia, avete capito cosa voglio dirvi? Non è solo vostro dovere eseguire nel miglior modo possibile le disposizioni di lavoro impartitevi da un vostro diretto superiore,  cosa che deve essere il vostro filo conduttore sul lavoro, ma dovete anche saper ascoltare il vostro senso di responsabilità, anche questo è un vostro dovere, non solo verso voi stessi, ma anche verso i vostri famigliari. I due criteri,  la responsabilità personale sul lavoro assieme da una buona e onesta attitudine verso il datore di lavoro e i suoi dirigenti, formano quello che si chiama un buon posto di lavoro stabile e sicuro<.

>Bravo leone, hai ruggito bene, pure tu< - mi scimmiottò l'altro - >come già detto, tu puoi parlare così, noi no, noi non possiamo sceglierci i posti di lavoro come da voi al nord. Qui siamo tutti più che contenti di avere una buona occupazione, anche se spesso veniamo trattati come pezze da piede,  ma se non facciamo quello che  ci dicono, veniamo licenziati, e poi? E poi, secondo te sapientone, cosa dobbiamo fare? Ed è appunto per questo che tutti qui sono disposti a tacere, non abbiamo altre possibilità, hai capito<?
>Avete tutte le possibilità del mondo invece, < risposi, > ma dovete  essere compatti, se volete e  se sarete  in grado di argomentare le vostre decisioni e scelte. In questo specifico caso ne avreste avuto tutte le  ragioni per farlo, nessuno poteva dirvi niente; quello che Napoleone vi ha ordinato di fare è stato  non solo arbitrario, bensì altamente irresponsabile, e quel figlio di *** di tedesco, pur sapendo che era dannoso all'Impianto, è stato al gioco  senza fiatare  nonostante ne conoscesse i pericoli. Siate sicuri però, che all'ultimo momento se gli automatismi di sicurezza non avessero funzionato, sarebbe stato lui stesso a fermare in emergenza la fottuta caldaia. È sì un incosciente e un irresponsabile, ma non è certo uno scemo con poca voglia di vivere, bensì un piccolo malvagio tedesco mezzo polacco, tutto lì<.

I ragazzi stettero zitti, e continuarono a guardare pensosi gli schermi dei loro Monitor.

Capivo il loro dilemma e stato d'animo, ma non lo potevo scusare, non si gioca con la propria salute e magari con la propria  stessa vita solo perché una mezza testa di c...o barese qualsiasi, impartisce delle direttive di lavoro pericolose, tanto per vedere cosa succederà  in seguito.

Quell'imbecille di Napoleone, ben sapendo che non solo da me, ma anche dai dirigenti Siemens e Wehrle avrebbe raccolto un secco njet, aveva impartito da buon italianuccio opportunista le sue disposizioni ai ragazzi solamente verso sera,  e prima di andarsene a casa, giocando appunto sul suo ascendete autoritario su di loro,  sapendo che quelli, consci di poter perdere il posto di lavoro se si fossero rifiutai di eseguire le sue disposizioni, non avrebbero  fiatato, la vigliaccheria del mio collega tedesco poi, aveva fatto il resto.

Questi tipi di servilismi e di vigliaccherie son  costati la vita a diverse persone, non per niente L'Italia è tra le prime Nazioni europee nella graduatoria delle morti bianche in incidenti sul lavoro.
Alle 8 in punto l'armata Brancaleone tedesca arrivò dai rispettivi alberghi,  tutti  si trincerarono dietro loro scrivanie,  noi rimettemmo in moto il sistema di carico delle ceneri e la graticola girevole della Caldaia per svuotarla dalla Sansa.
Per quanto però la sansa nella Fornace fosse  spenta in superficie , non lo era certo quella  sul fondo, e così non appena il combustibile fu rimescolato, arrivato a contatto con l'ossigeno, cominciò di nuovo a bruciacchiare.

L'intero fottuto impianto di scarico prese a fumare e a friggere come se stesse per scoppiare un vulcano pronto a scatenare l'Inferno.

Come d'incanto, nella fornace, nelle condutture di scarico delle ceneri e nel contenitore dove si scaricava tutta quella porcheria, cominciò una strana danza di fuliggine e di lucciole incandescenti, che portate dal vento, danzavano su e giù minacciando di far andare a fuoco mezza Casa olearia Italiana.
Spinti dal terrore, i dirigenti della Siemens e quello scemo della Wehrle, cominciarono a urlare come forsennati e a reclamare acqua e Pompieri a gran voce.
Avessi avuto in quel momento a mia disposizione i Pompieri di Viggiù  li avrei subito messi all'opera.

Gli idioti piovuti dalla Germania, invece di lasciare che tutto andasse in fumo e farne poi un bel caso assicurativo, azionarono l'impianto antincendio, mentre da parte mia fermavo il sistema di estrazione delle ceneri e la graticola girevole della caldaia stessa, questo bastò  a spegnere i  bollenti spiriti della Sansa, poi venne l'acqua che pietosamente, per un po' di tempo almeno, avvolse tutto in una gran bella nuvola di vapore

Verso mezzogiorno tutto era pronto per riaccendere la Caldaia, e come già tante altre volte, lasciai ai ragazzi il compito di farlo.

Praticamente i giovani erano già pronti per assumersi le loro responsabilità. Mancava loro solo una certa sicurezza nelle operazioni, ma quella sarebbe venuta nel tempo, l'unico  loro punto debole era l'imbecillità dei diretti dirigenti, non certo la loro poca esperienza, ma  mi dicevo che anche questo problema si  sarebbe risolto da solo nel tempo.
Quei ragazzi erano i futuri veri dirigenti dell'Impianto, e questo per il semplice fatto che di periti di qualche cosa che si possono improvvisare manager da un momento all'altro, in Itala, specialmente al sud del Bel Paese, se ne trovano  a iosa, dietro ogni pisciata di cane, buoni conduttori di Grandi Impianti e caldaie, invece no.

E i miei ragazzi a Monopoli avevano tutte le carte e la stoffa necessarie per diventare dei bravi e capaci professionisti nella conduzione e valutazione tecnica di Grandi Impianti, casinisti finché  si vuole, ma anche attenti, ligi al lavoro e sani di mente.
Quel dì il mio collega del turno pomeridiano non si fece vedere.

 Fece  difatti come altri due prima di lui avevano già fatto: vedendo la precarietà dell'Impianto e riconoscendo la loro incapacità di combattere come dei moderni Don Chisciotte contro dei mulini a vento, avevano tirato i remi in barca e se ne erano ritornati zitti e tranquilli al paesello, ed io in cuor mio, per quanto il loro comportamento mi costringesse a starmene anche per 18 ore filate senza pranzo o cena, con solo i panini che mi facevo portare dai ragazzi dal Bar di Pasquale, mentre me ne stavo  seduto ai monitor della caldaia in centralina, non potevo nemmeno biasimarli.

La caldaia e il gruppo elettrogeno funzionarono bene fin verso le 15 del pomeriggio, poi tutt'un' tratto come per incanto, il dannato sistema si fermò.
In quel momento accanto a me, quando il sistema si fermò, sedevano due tecnici della Detroit Stoker Americana che aveva fornito il sistema di alimentazione combustibile nella caldaia. I due erano venuti dagli Stati Uniti per mettere a punto e calibrare le prese e mandate dell'aria di combustione nella fornace, e come me seguivano sul monitor l'andamento e il funzionamento del sistema, portando se necessario, qua e là piccole modifiche correttive di ordinaria amministrazione.

>Sei andato troppo veloce<, urlò il Capo Cantiere della Wehrle che, con mia grande sorpresa, per la prima volta in settimane era presente in Centralina.

>Non dire stupidaggini, il dannato regolatore di frequenza di quei *** della Siemens non funziona bene e tu lo sai benissimo, è già dall' inizio che ne abbiamo constatato il suo malfunzionamento e ancora non ne hanno ordinato un altro, o ti sei già dimenticato il casino che  è successo questa notte, dannato scemo. Che diavolo state facendo qui maledetti. Siete veramente sicuri di sapere che cosa state facendo<?  Ringhiai, andando pian piano, ma inesorabilmente in bestia.

In pochi secondi la centralina si riempì di gente, c'erano tutti i tedeschi e gli italiani del cantiere, il Capo Cantiere della Siemens, i  tipi  dal colletto bianco dell'Ital. Green Energy, un paio di capi reparto della Casa Olearia Italiana, che assieme ai ragazzi  a mio avviso erano gli unici con i quali si poteva veramente andare di notte anche a rubare cavalli, e ognuno guardava quel poverello di Capo Cantiere che istericamente camminava e ballava con gesti strani su e giù per la centralina, come se fosse stato morso da una tarantola inviperita dalla bile.

>Franco hai ragione, sembra veramente che l'aspiratore dei fumi nel camino non abbia funzionato a dovere , qui nel grafico si vede uno sbalzo in alto  che è inspiegabile. Nella fornace si  è formata  un'improvvisa e pericolosa sovrappressione e il sistema d'emergenza ha fermato  tutto, questa propria non la capisco<, - mi informò uno dei due specialisti americani che già conoscevo, avendo lavorato con lui già in altri Cantieri in Germania e in Svezia.- >   e proseguì: < ..vedi, noi della Detroit Stoker ormai siamo arrivati al limite delle nostre possibilità, così  non possiamo regolare un bel niente  quindi  oggi informerò i miei superiori negli Stati Uniti. Abbiamo troppo lavoro in giro pel Mondo per poterci permettere di perder tempo,  con questi dannati della Siemens è sempre la stessa solfa, sanno  creare solo casini, poi come se ciò non bastasse i programmatori della Siemens ci cambiano i parametri senza nemmeno consultarci,  in questo modo  non possiamo lavorare e abbiamo deciso di andarcene finché non si mettono d'accordo fra di loro<.

Insieme ci guardammo di nuovo i diagrammi di lavoro della notte passata e li confrontammo con quelli attuali.

Erano esattamente uguali, e indicavano un'improvvisa perdita di giri dell'estrattore dei fumi nella caldaia con un improvviso e logico aumento della pressione nella fornace, il sistema di sicurezza della caldaia stessa in una  simile situazione aveva fermato il tutto, prima che la baracca  al completo saltasse per aria.

Tutt'un tratto ne ebbi abbastanza, quel teatro di marionette mi aveva ormai nauseato.
La mia decisone fu istantanea e inequivocabile.
>Ciao Tom e che Dio ti Benedica<, dissi alzandomi in piedi.
>Siediti, siediti subito<,  tentò di  impormi  con la sua voce stridula e isterica il Capo Cantiere della Werhle che aveva fornito la Caldaia, e di conseguenza  era  il diretto responsabile del buon funzionamento della stessa.

>Siediti, siediti<, ricominciò, e questa volta si mise  ad urlare quando vide chi mi ero tolto gli occhiali e stavo facendo tre passi decisi verso di lui.
>Franco non sporcarti le mani in quel pezzo di merda, non ne vale la pena<, sentii dire in italiano.

>Se tu solo hai il coraggio ancora una volta di strillarmi e incolparmi di questo e di quello, della vostra ignoranza e mancanza di serietà professionale ben sapendo quali sono i problemi, ora ti garantisco che andrò in ginocchio e che ti leccherò le scarpe, ma  se questo coraggio non l'hai,  allora ti consiglio di startene zitto, perché altrimenti ti smembro e le tue ossa fradice le do in pasto ai cani randagi del cantiere, se per caso non lo avessi ancora notato io e loro siamo amici, mi hai capito pezzo di m.. da? In quanto a voialtri poverelli della Siemens, mi dispiace veramente di avervi conosciuto, siete una vergogna, non solo per la Siemens, ma anche per il buon nome della Germania nel mondo, andate all'Inferno maledetti<.
Salutai i ragazzi e me ne andai, l'intermezzo Ital Green Energy per me fini li.

Tre mesi dopo ero ancora a Monopoli.

Durante il mio soggiorno privato  nella cittadina, avevo ripreso il mio hobby e scrivevo di nuovo le mie memorie e avventure marinare  a tempo pieno.

I fatti dell'Ital Green Energy con tutte le porcate tecniche  trovate, la vigliaccheria del personale tedesco e l'ottusa tracotante ignoranza dimostrata da diversi dirigenti locali,  mi avevano spinto a farne un manoscritto e forse più tardi in un secondo tempo un libro. Scrivevo spedito di notte, seduto nella cucina di quello che chiamavo il mio tugurio, e dormivo di giorno.

Dalle tre del pomeriggio in poi mi trovavo spesso, a seconda della strada che il Fato mi faceva prendere, al Caffè Roma o alla Nave.

Verso sera poi, mi trovavo come perenne cliente, seduto all'unica seggiola del bancone, alla Pizzeria al Gallo Nero da Marino e Giovanna, dove spesso rimanevo fin dopo mezzanotte passata

Naturalmente non ogni mia giornata a Monopoli era così.

Qualche volta non rimanevo a lungo in Pizzeria, e quelle sere, il sempre presente e tenace Fato mi indirizzava, senza che io avessi possibilità di reagire, verso il Kiki Royal, che si trovava a pochi passi dalla mia tana.

Qualche volta però, e sempre più frequentemente, forse magari   a causa dell'avanzare  degli anni, mi sembrava di essere diventato casalingo.

In quel caso rimanevo a letto tutto il santo giorno e mi dilettavo a giocare e scherzare con i miei piccoli folletti verdi dal grande *** a forma di ippopotamo, che già conoscevo da Brema sulle rive del Fiume Weser in Germania.
I miei cari amici folletti non trovandomi più a Brema, e sapendo che ero italiano, erano calati pure loro sul Bel Paese , e partendo dal Brennero lo avevano passato al setaccio finché mi avevano scovato a Monopoli nella mia tana.
Ora che mi avevano ritrovato non intendevano andarsene più, mi dicevano che avevo fatto bene ad andarmene da Brema, che in Italia si viveva meglio, che la gente era più sincera e che il sole, splendeva di continuo.

Insomma non se ne volevano proprio andare più via  e si prodigavano in complimenti e moine per indurmi a restare  tenendoli con me.
Posto ne avevo, la loro argomentazione era valida ed  era certo che posto ne avevo abbastanza.
D'altro canto però mi trovai spesso a pensare che il loro modo di vivere non era di sicuro quello adatto a un uomo anziano, serio e pacato come me,  tanto meno in una città di "Puritani" guardinghi e permalosi come  quella di Monopoli, cosi lasciammo per il momento la questione in sospeso e decidemmo di aspettare l'evento dei tempi prima di prendere una decisone definitiva.
Ogni tanto in quel periodo, durante le mie uscite pomeridiane incontravo Lothar, uno dei pochi tecnici veramente capaci, nato e cresciuto nella Germania Orientale durante il periodo comunista,  e più spesso ancora,  qualcuno dei miei ragazzi del cantiere.
Dai loro racconti capivo che i problemi del bruciatore non erano ancora stati risolti e che tutti gli esperti della Siemens barcollavano al buio senza arrivare a capo di niente.

La stessa farsa la Siemens la viveva a Malchin, una cittadina a nordovest della Germania dove avevano costruito un bruciatore simile a quello di Monopoli che  però bruciava solamente residui agricoli,  e manco quello,  visto che senza Sansa e senza "piccoli omini verdi",  bensì con teutoni tutt'un pezzo, non funzionava per niente, anche se da Monopoli , pur senza averlo mai visto, avevo risolto loro uno dei problemi principali nel sistema stesso, come il recupero dell'acqua dopo il surriscaldatore dell'aria di combustione, come  avevo dovuto fare  anche a Monopoli.

 A dire il vero,  neanche a Malchin il sistema funzionava a dovere, ed anche là, il cliente tedesco, come a Monopoli quello italiano, si rifiutava di prendersi in consegna l'impianto.

Sembra veramente  di poter dire che gli esperti della Siemens non  hanno ancora capito che devono  evitare di metter mano a  cose che non capiscono, almeno fino a quando specialisti della Germania orientale come Lothar, nati e cresciuti sotto un regime comunista, non abbiano insegnato ai loro connazionali occidentali un po' di senso di responsabilità e di dovere.

 

D'estate, durante le ore pomeridiane Monopoli quasi "desolata est".
I negozi sono chiusi e anche il forsennato ed  anarchico traffico automobilistico per le strade e viuzze della città che sembra conoscere solo la legge del più forte e deciso, si è esaurito.

Quando  gli abitanti sono a casa ad ora di  pranzo,  le strade sono deserte.

Durante l'inverno i negozi aprono alle tre, mentre durante l'estate alle quattro o anche alle cinque.

In questo lasso di tempo nei  mesi estivi, la città appartiene ai turisti del nord che  durante la  ora della pausa  pranzo non devono  più temere per la loro vita se solo sognano di attraversare la strada.

Mentre nello stesso momento in cui  si riaprono i negozi e la città ricomincia quasi a rivivere, i turisti abituati a tutt'altro traffico e regole, devono stare molto attenti a non lasciare le penne  al solo  tentativo di scendere dai marciapiedi.
Anche questo è Monopoli.
Il posto migliore per osservare questo fenomeno è sotto l'ombrellone del Caffè Roma durante una giornata di canicola estiva con +45° all'ombra.

Quando  sedevo in solitudine a uno dei tavolini sul terrazzo, e mi bevevo una Birra, il mio sguardo spaziava su una Piazza vuota che fino a poco prima aveva ospitato il Mercato della Frutta e verdura e del Pesce,  che  appena  dopo le 13 già   si presentava assolutamente deserta,  pulita e lavata di fresco. Era questo il momento in cui spesso  poteva capitare   di vedere  un paio di figuri che vagavano sotto il sole cocente.

Nella  maggior parte  dei casi erano  in due, moglie e marito, lui davanti e lei di dietro, raramente sfilava  una carovana di gente che vagava senza meta per le bollenti strade monopolitane.

In calzoncini di cotone con mille tasche,  una maglietta con il pinguino o il coccodrillo stampato sulla tetta, un cappellaccio da mercenario ficcato bene in testa e calato profondamente sugli occhiali da ammazzasette, una macchina fotografica e i binocoli a pendolino sul petto e l'immancabile bottiglia d'acqua quasi bollente in mano, questi temerari ormai prossimi ad esser  privi  di sensi a causa del gran calore, girovagavano quasi farneticando per le strade di Monopoli alla ricerca di dio solo sa cosa.
Naturalmente era per me chiaro che quelle persone dovevano essere dei cittadini tedeschi, lo dovevano essere, lo dovevano essere per il semplice fatto che nessun essere umano normale vagava in un modo cosi bestiale per le strade di Monopoli, quando tutta la gente civile se ne sta in casa a mangiare pasta al dente.

 Mi sfugge invece ancora ora la ragione per cui però gli stessi pellegrini tedeschi del mezzodì, non appena vedevano  un anziano signore che  immobile e quasi attonito,  se ne  stava  seduto a un tavolo sotto un ombrellone sulla terrazza del Caffè Roma, gli si avvicinavano  furtivamente.

 Immaginate la scena : grondante di sudore, e quasi fumando e sbuffando come un vecchio locomotore a vapore, con diverse bottiglie di birra ormai vuote sul tavolo davanti a sé, egli siede  tranquillo e in pace con il mondo intero, solamente i suoi occhi dimostrano a un attento osservatore che l'anziano signore è ancora vivo e vegeto.

Solo il suo braccio destro, che con la precisione di un cronometro svizzero, porta con una serietà e cadenza quasi pedante la bottiglia di birra alla bocca, per poi dopo un bel lungo sorso rinfrescante riposarla con ricercata meticolosità di nuovo sul tavolino, dimostra che quel signore è anche in grado di eseguire movimenti ben coordinati e precisi.

Quelli, probabilmente proprio perche la canicola ha loro messo fuori combattimento il cervello, hanno lo spudorato coraggio di andare a rompere le palle proprio a un tipo simile.

La ragione per la quale  lo apostrofano subito in tedesco, anche  quella ancora nessuno è stato in grado di spiegarmela.

 

Dannazione,  quando ci sono quattro o cinque tavoli sulla Terrazza del Caffè Roma,  specialmente alla sera dopo il calar del sole, tutte le sedie  sono occupate, tutte meno quelle al tavolo  al quale siede l'anziano signore che  naturalmente  sceglie quello  vicino alla porta allorquando ,  per via dell'aria condizionata  quella   viene  lasciata  chiusa, specialmente durante le tremende ore della canicola;   in questo modo,  in caso di necessità,  l'anziano signore  può attraverso i vetri, tener d'occhio il cameriere e chiamarlo qualora  naturalmente gli dovesse servire un'altra birra.

Al tavolo dell'anziano signore però, se tutte le altre sedie e i tavoli erano già occupati, come spesso succedeva alla sera, oppure di Domenica a mezzo dì, dopo la Messa in Cattedrale, quando le Mamme e i Pascià di Monopoli uscivano dalla Messa assieme ai loro pargoletti, e comperavano, prima di andare a casa a mangiarsi le orecchiette domenicali, i pasticcini domenicali da un Pasticciere conosciuto per la qualità e bontà dei suoi prodotti in tutta la Regione, non si sedeva mai nessuno

Si ammucchiavano agli altri tavolini, e solo raramente qualche coraggioso chiedeva all'anziano signore, quando proprio la cosa stava diventando grottesca, se le sedie vuote al famigerato tavolino fossero per caso libere.

L'anziano signore allora annuiva pensoso e serio, e zakkete, la sedia spariva e con essa il furtivo Pascià e il vecchietto rimaneva di nuovo da solo.

>Ma che ***, ho la peste addosso per caso, ma si può essere più tonti, più superbi, più altezzosi e presuntuosi di così<? 

Se poi sul Tavolo dove sedeva l'anziano straniero, la gente vedeva una mezza dozzina di bottiglie di birra vuote, allora la"No Go" area attorno al famigerato e sacrilego tavolino s'ingrandiva ancora di più.

>Ma allora sembra proprio che abbia la peste addosso<, si diceva il vecchietto  di  tanto in tanto sornione, mentre  in cuor suo era  ben contento di essere lasciato in pace e di non avere nessuno al tavolino che gli  rompesse i  santissimi, quindi  sorseggiava tranquillo la sua birra, e per farla ancor più barbina e sacrilega agli occhi dei perbenisti e integralisti monopolitani, lo faceva direttamente dalla bottiglia.

Solamente i turisti tedeschi avevano il coraggio di parlare con l'anziano,  strano e anticonformista straniero, chissà perchè poi, come se fossero tutti degli indovini, o forse proprio  per quello spirito di innata solidarietà che lega assieme tutti gli stranieri del mondo , gli si rivolgevano direttamente in tedesco.
>Buon Giorno son libere queste sedie, da che parte della Germania viene lei<?
A volte gli stranieri sono proprio scemi, o forse per via della forte canicola hanno avuto tutti un improvviso calo di vista, dei cinque tavolini sulla terrazza del Caffè Roma, uno solo era in quelle ore occupato, quello dove sedevo io, delle venti sedie attorno a quei tavolini una sola è occupata, la mia, e un mezzo rimbambito di turista straniero mi chiede con fare da gentiluomo se le sedie sono libere, roba da matt.

>Le sedie sono libere ed io sono italiano<.

Il quel preciso istante sotto il sole cocente di Monopoli per il mio interlocutore cominciano i veri quali e il malcapitato ha subito un problema da risolvere; in questo caso,  con un metodo e una precisione prettamente tedesca,  di solito  rimette in moto il cervello ed elabora  la situazione, analizzandola nei minimi particolari.
Dopo aver squadrato per bene l'anziano signore che non lo degna più di uno sguardo, il turista piovuto da Nord, conta acriticamente le birre bene  in mostra sul tavolino, poi si guarda di nuovo il vecchietto e scuote la testa.

>Non ci credo per niente, lei mi sta prendendo in giro<,

Davvero? Ma allora ora sono pure un bugiardo, in questi frangenti però, seccato e disgustato da tanta ambiguità, mormorando, un >lo sono veramente, ma ora scusatemi che devo andar via<, mi alzo e  me ne vado, dopo aver pagato il conto alla cassa dalla gentile signora del pasticciere, pian piano verso casa.
In casi del genere me ne vado subito, scappo quasi via, per il semplice fatto che turisti tedeschi che durante le micidiali ore pomeridiane di un'estate monopolitana, grondanti di sudore, ai limiti di un colpo di calore e di cottura a bagno maria del cervello, con una bottiglia d'acqua minerale in mano vicina allo stato d'ebollizione, che non appena da lontano scorgono un anziano signore che con +45° all'ombra, è seduto sotto un ombrellone sulla terrazza del Caffè Roma  bevendo  una birra dopo l'altra, e quasi furtivamente, quasi da lestofanti gli si avvicinano per chiedergli se una delle tante sedie vuote fosse per caso libera e da che parte della Germania venisse, per me non è gente normale, per quesito scappo via, scappo perche con gli arroganti, i pieni di se,  e i matti non si può ragionare.

Dal  Caffè Roma, a quello che io chiamo il mio tugurio o la mia tana, il tratto è breve, però in quelle ore ogni passo è un martirio sofferto e sudato,  per fortuna c'è il Kiki Royal, che grande e spazioso e fresco è pronto ad accogliermi con una bella Bottiglia di Birra Beck's, fresca e squisitamente tedesca prima che compia gli ultimi dieci passi che mi dividono dalla mia tana.
 La forza della noia è una cosa tremenda, e mi accorgevo quasi con panico ogni giorno di più che in me ricominciava a spuntare quel non so che d'insaziabile, quasi  una infantile e  morbosa curiosità di vedere e di fare,  è quello stato di ebbrezza mentale che sempre mi ha spinto a cacciarmi nei guai più disparati e mettermi in situazioni sempre più scabrose per il semplice gusto di fare, di andare, di muovere cose e, anche se minimamente, di cambiare in meglio.

Monopoli per me non era altro che una delle tante Città italiane.
Prima di farne la conoscenza, per me Monopoli era allo stesso livello di Voghera o di Canicattì, e non era nient'altro che una delle tante città del Bel Paese, dove la gente vive, vegeta, muore, si mette le corna e se ne dice di tutti i colori.
Ma chi se ne frega, di tutto questo, le stesse città esistono in Germania e nel resto del Mondo, l'unica differenza è che in altri posti si parla una Lingua diversa, tutto lì.

Quello che tutt'un tratto mi legava a doppia mandata a Monopoli, era il bruciatore, anche se forse  il semplice fatto che per la prima volta dopo tantissimi anni lavoravo di nuovo in Italia, incideva un poco.
Difatti già nel lontano 1958 ero emigrato per andarmene in Germania come aiuto manovale di Miniera, a spalare pietre e carbone a 800 metri sotto terra, per ritornare dopo quasi cinquant'anni come Direttore di Macchina su Navi Mercantili.
A quel tempo a Monopoli, era la mia innata voglia di migliorare un qualsiasi Impianto tecnico che mi legava a doppia mandata a quella dannata caldaia.

Avevo gettato  la spugna, come già  avevano fatto  un altro paio di colleghi tedeschi prima di me, per il semplice fatto che mi ero reso conto  della mia assoluta impossibilità di poter  fare alcunché.
Mi  dovetti render conto  di aver perso la partita, ma non perché non sapevo cosa o come fare,  almeno per arginare i guai futuri ai quali l'impianto stava andando incontro a grandi passi.
Il fatto era che oramai per cambiamenti in grande stile mancavano i tempi, i soldi e i termini di contratto stipulato con e la specificazione del sistema accettato a suo tempo da una banda di principianti, mi davano poche possibilità di movimento,  i tempi stringevano e bussavano prepotenti alla porta.

Dovetti  quindi  per forza gettare la spugna:  nessuno voleva sentire parlare delle necessarie modifiche all'impianto di alimentazione del combustibile della Caldaia,  quelle indispensabili al buon funzionamento dei filtri per la polvere nei Funi di scarico e quelle molto importarti per eliminare i  cattivi odori che l'essiccatore della sansa produceva insozzando l'aria di mezza Monopoli, sarebbero costate troppi soldi.

Lasciai mano libera ai disgraziati della Siemens, ma non perché loro  fossero più grandi e più forti di me, non certo per questo; in un'altra Nazione, e specialmente in Germania,  me li sarei presi tutti a calci in c..,  chiamando poi  un paio di semplici Vigili Urbani per fermare temporaneamente tutta la baracca. In Italia, in Puglia, a Monopoli questo non era possibile, ma non certo perche i miei scarponi non erano più quelli di una volta, no, le cose non stavano esattamente così.

In realtà in Italia dovetti gettare la spugna per il semplice fatto che la Siemens a Monopoli aveva degli alleati molto potenti, cioè un paio di periti dal colletto bianco, altamente rincoglionuten, i quali si professavano dirigenti tecnici di un Impianto che non conoscevano e che non avevano mai visto prima.
davvero quei poverelli si illudevano  di avere le carte in mano e le dovute qualifiche per  poter tenere tecnicamente testa a una banda di fantastici disgraziati, lavati e rilavati con tutte le sporche acque del Pianeta, come lo sono i tecnici della Siemens in trasferta. Io dovetti andarmene perché tutta una sfilza di piccoli interessi sia a livello Comunale sia Regionale di piccole e grandi lotte politiche a suon di milioni di Euro e di interessi politici, fin su a livello Nazionale , erano più forti di me.

Per questo lasciai, non fui io però a perdere.
Perse la Città di Monopoli, non io, e con lei indistintamente, tutti i monopolitani, e questo mi dispiace.
Difatti questa è una delle pochissime volte in cui  avrei voluto veramente aver torto....!

 
FINE

 

 










Scrivi Commento
  • Si prega di inserire commenti riguardanti l'articolo.
  • Commenti ritenuti offensivi verranno eliminati.
  • E' severamente vietato qualsiasi tipo di spam. Cose del genere verranno cancellate.
  • I commenti verranno approvati dall'Amministratore prima di venire pubblicati.
  • Ricordarsi di inserire il codice numerico nell'apposito box
  • Se il codice è errato riaggiornare la pagina (refresh)
Nome:
Sito web
Titolo:
Commento:

Desidero essere contattato quando vengono pubblicati altri commenti


Riporta quest'articolo sul tuo sito!

  Commenti (2)
1. Alla fine ti ho trovato.
Scritto da Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo , il 05-08-2010 17:00
Quello che hai scritto è quasi prassi comune. Qualsiasi lavoro fai ci sono degli strani intermediari, sono come il raffreddore d'inverno, inevitabili. Anche la magistratura alla fine non ci capisce e spara nel mucchio e spesso chi è colpevole se la cava. Sonno esperto in medicinali e in quel campo posso dirti che le cose sono talmente rigorose, alla fonte, che non c'è bisogno di ispezioni. Chissà se nei lavori pubblici si potrebbe traslare la mentalità del farmaco. La tracciabilità delle cose fatte è disponibile sempre fino all'ultima etichetta usata nel procedimento. Non consideralo un eccesso perchè e la mentalità che porta ad essere sempre precisi. Portare nel pubblico questa mentalità sarebbe una sfida di civiltà, difficile ma almeno proviamoci. Ciao Marista e salutonen Parpa.
2. troppi intalianucci, pochi italiani
Scritto da Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo website, il 30-07-2010 13:19
Salve Marista. 
Ciao Mario. 
Raccontami di birra.... 
 
Per capire il resto poi, tieni sempre presente che bruciatori simuli sono in funzione in mezzo Mondo. 
Come quello di Monopoli ne collaudai tre, alcuni, come anche nel bel mezzo delle Città come a Bremen e Bremenhaven e a Rotterdam ad esempio, (dovuto all'espansione urbana) non puzzano, non inquinano, non rappresentano un azzardo alla Salute pubblica.  
E la loro efficienza e monitorata anche e sopratutto dagli enti comunali e governativi, questo a Bremen a Bremerhaven a Rotterdam e nel resto del Mondo civile, non nel Comune di Monopoli. 
Ora, la cosa vergognosa e che a distanza di 7 (sette) Anni, i cittadini di Monopoli non sanno ancora cosa diavolo bruciano in quel brucuaitore, e sono tenuti sia dalla Ital Grenn Energy che dal Comune di Monopoli, nel buio. 
Guarda su www.MomopoliTube e va indietro fimo a Maggio riguardo a quel bruciatore ne leggereai delle belle e verdari come quella brava Gente vierne letteralmente presa in giro da una Banda di incompetenti, (a dir poco) comunali, qui in Germania,i responsabili sarebbero finiti gia tutti in Galera, su questo ci puoi giurare. 
Ci sono troppi italianucci in Italia, e troppo pochi Italiani, ed è per questo che succedono queste e altre brutture. 
A volte mi sembrava veramte di combattere contro dei Mulini a Vento. 
 
Ho finito completamete il Caffe, ora esco, quì abbiamo 23°C vado pure dai Frati e mi faccio una Birra alla vostra Salute, magari due ....son tre gioni che non esco. 
Salutönen.

Powered by AkoSuite 2007

Condividi con
 
< Prec.   Pros. >
Libri da non perdere

 
Downloads
     
 
 
     
 
 


Segnalato su:
 
     
il Taggatore  
     
Viadeo  
Creative Commons License
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.