Cercare "l'altra tigre", si deve perchè in noi è la salvezza dal nulla del mondo moderno |
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Scritto da Marista Urru | ||||||||
martedì 06 gennaio 2009 | ||||||||
Cercare "l’altra tigre", sull'onda della poesia di Borges, scrivere noi stessi o leggere pagine scritte da altri e rendersi dolorosamente conto che davvero ha ragione Borges: in realtà quando scrivi, narri o cerchi di descrivere, hai davanti solo parole, sillabe su carta che si ripetono sino a perdere senso perchè mai le parole rispecchiano quello che vorrebbero, e cioè la vita, il mondo, ciò che Borges appunto nella poesia “ l’altra tigre” simboleggia con la tigre, quella vera che sta nella foresta e non nella pagina che egli ha davanti da riempire, pagina che simboleggia appunto i limiti della conoscenza e la impossibilità di rappresentare gli accadimenti, la realtà senza aggiungere qualcosa di nuovo di personale di fuorviante. Ne scrive ne "la rosa gialla" "...che gli alti e superbi volumi che formavano in un angolo della sala una penombra d'oro non erano (come la sua vanità aveva sognato) uno specchio del mondo, ma una cosa aggiunta al mondo.
Non sarà quindi la letteratura la chiave di salvezza dal nulla del mondo moderno spogliato e privato degli antichi valori senza che niente li abbia sostituiti. Pure questa poesia di Borges mi spinge a pensare che l'altra tigre si possa trovare, che se la nostra salvezza non è nella letteratura come con dispiacere Borges ha a più riprese affermato nel corso della vita, ciononostante la nostra salvezza è in noi, perchè la tigre vera (unicum dio-uomo) è nella nostra Mente. Nella mente noi abbiamo formatasi nel tempo o addirittura come archetipo "l'idea" della tigre , che in certo qual modo sfuma e si deforma nel momento in cui cerchiamo di trascriverla e comunicarla, sicchè come nota Borges , è come se producessimo una terza tigre, e così via all'infinito. Ma se ammettiamo che nella nostra mente abbiamo LA TIGRE, intendendo che nella Mente è la unione dio-uomo, perchè è lì che si ricompone il dualismo materia cosciente e spirito inconscio, allora dobbiamo capire che solo con l'ausilio della Mente ognuno di noi potrà ritrovare la propria parte sconosciuta e che dalla unione infine delle due parti, verrà la salvezza dell'uomo moderno , smarrito e infelice.
In ognuno di noi in somma coesistono due tigri: l’io consapevole e l’inconscio, la nostra salvezza è in questo, nel ricercare in noi e trovare finalmente quella capacità insita di unire io cosciente ed inconscio. Forse per questa natura doppia secondo le tradizioni orientali, in Cina la tigre è il terzo segno dell’oroscopo, che corrisponde ai gemelli; si è soliti scrivere di questo segno che indica doppiezza in senso spregiativo, pure io credo che vista la doppiezza in questo senso tenendo conto delle tradizioni orientali, il quadro cambia e ricadiamo nel dualismo tra io conscio ed inconscio che si uniscono in unità nell'archetipo della unione dio animale. In questa ottica la nostra salvezza, sta nella lotta per la ricerca della unità e ogni sforzo spirituale deve tendere a questo perchè in noi stessi è la forza e l’energia vitale e spirituale che ci permetterà di raggiungere la consapevolezza la comprensione. In noi stessi abbiamo la via della salvezza: non dobbiamo sfuggire al confronto con l'ignoto che è in noi, "l'altra tigre" dobbiamo invece avere il coraggio di abbracciarla e ricomporre la unità, in questa unione solo troveremo la risposta ai molti interrogativi lasciati insoluti dal mondo moderno che ha ucciso i suoi dei, i suoi principi, senza trovare la forza di concepirne di nuovi, arrivando inevitabilmente ad accartocciarsi su di se, in un assurdo crudele ed insensato ricercare falsi miti e falsi approdi, e la civiltà occidentale, vecchia stanca e incattivita svuotandosi di significati muore combattendo se stessa in un delirio di autodistruzione.
Penso a una tigre. La penombra esalta la vasta biblioteca laboriosa e sembra allontanare gli scaffali; forte, innocente, insanguinata e nuova, lei vagherà per la sua selva e il suo mattino e traccerà le sue orme sul fangoso margine di un fiume di cui ignora il nome. (nel suo mondo non ci sono nomi né passato né futuro, solo un istante vero.) E percorrerà le barbare distanze e annuserà nell'intrecciato labirinto degli odori dell'odore dell'alba e l'odore dilettevole del cervo; fra le strisce del bambù decifro le sue strisce e presento l'ossatura sotto la pelle splendida che vibra. Invano si interpongono i convessi mari e i deserti del pianeta: da questa casa di un remoto porto dell'America del Sud, ti seguo e ti sogno, oh tigre delle rive del Gange. Si propaga la sera nella mia anima e rifletto che la tigre vocativa dei miei versi è una tigre di simboli e ombre, una serie di figure letterarie e di memoria dell'enciclopedia e non è la tigre fatale,il funesto gioiello che, sotto il sole o la diversa luna, sta compiendo a Sumatra o nel Bengala la sua routine di amore, di ozio,e di morte. Alla tigre dei simboli ho opposto quella vera, quella del sangue caldo, quella che decima la tribù dei bufali e oggi, 3 agosto del 59, allunga sul prato una lenta ombra, però già il fatto di nominarla e di congetturare le sue circostanze la rende funzione dell'arte e non creatura vivente di quelle che vanno per la terra. Una terza tigre cercheremo. Questa sarà come le altre una forma del mio sogno, un sistema di parole umane e non la tigre vertebrata che, al di là delle mitologie, calpesta la terra. Lo so bene, ma qualcosa mi impone quest'avventura indefinita, insensata e antica, e persevero nel cercare lungo il tempo della sera l'altra tigre, quella che non è nei versi.
Borges
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